Guida pratica ai Dinoflagellati: identificarli, comprenderne le cause e combatterli.

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  1. Cosa sono i dinoflagellati e perché sono problematici?


I dinoflagellati sono organismi unicellulari appartenenti alla classe dei protisti e che rappresentano un componente importante degli ecosistemi marini.
In condizioni normali, contribuiscono al bilancio ecologico fungendo da produttori primari, consumatori e persino simbionti, come nel caso delle zooxantelle, dinoflagellati che vivono in simbiosi con i coralli fornendo energia attraverso la fotosintesi.
Tuttavia quando le condizioni ambientali favoriscono la loro proliferazione incontrollata, alcune specie possono trasformarsi in una minaccia per gli ecosistemi marini.

 

Le fioriture di dinoflagellati sono facilmente riconoscibili grazie a una serie di segni distintivi:

  • Mucillagini brune o marroni: Questi microorganismi formano filamenti viscidi o una pellicola gelatinosa che ricopre substrati, rocce, coralli e vetri dell’acquario.
  • Bollicine intrappolate: Producono frequentemente bolle d’aria visibili all’interno della mucillagine, specialmente durante il fotoperiodo.
  • Crescita estremamente rapida: Possono diffondersi velocemente in pochi giorni, ricoprendo intere superfici dell’acquario.

 

Il vero pericolo di una crescita incontrollata di dinoflagellati si manifesta nei loro effetti negativi sugli abitanti dell’acquario e su tutto l'ecosistema.


Alcuni ceppi, come quelli appartenenti alla famiglia delle Ostreopsis, producono tossine estremamente potenti e che possono mettere immediatamente a rischio la salute di pesci e invertebrati.
Un altro problema significativo è rappresentato dalla mucillagine prodotta dai dinoflagellati, che ricoprendo coralli e superfici ne ostacola l’accesso alla luce e all'acqua pulita, soffocandoli.

Infine, i dinoflagellati entrano in competizione diretta per le risorse essenziali, come nitrati e fosfati, sottraendole ad altri organismi benefici presenti nell’acquario, come macro e micro-alghe, benthos e microfauna cosi come ai batteri eterotrofi.
Questa competizione altera l’equilibrio dell’ecosistema, favorendo ulteriormente la loro proliferazione.

 

Tipologie più comuni di dinoflagellati negli acquari di barriera

  1. Ostreopsis:

Questo genere è noto per essere uno dei più pericolosi. Produce tossine (ostreolisine) che possono causare gravi danni a pesci, invertebrati e persino problemi respiratori negli esseri umani.
Tende a formare pellicole dense e filamenti che inglobano bollicine di aria.
La sua presenza è estremamente nociva per tutto l'ecosistema.

  1. Prorocentrum:

Forma tappeti marroni densi e visibili, spesso distribuiti su substrati e rocce. Alcuni ceppi possono essere tossici, sebbene non quanto Ostreopsis.

Oltre a soffocare i coralli, può inibire la crescita di altre forme di vita fotosintetiche e competere per le risorse essenziali.

  1. Amphidinium:

Preferisce i substrati sabbiosi e tende a non essere tossico, ma può proliferare rapidamente, soffocando i substrati sabbiosi, causando una forte competizione per le risorse ed una riduzione della microfauna benefica.

Si insinua nel fondo dell’acquario, rendendo difficile la sua rimozione senza disturbare il substrato.

  1. Coolia:

Meno aggressivo rispetto agli altri, forma fioriture più localizzate. Nonostante ciò, può comunque causare problemi di competizione e soffocamento dei coralli.

Più comune in acquari con illuminazione moderata ed in zone ombreggiate.

  1. Dinophysis:

Caratteristiche: È un genere meno frequente ma capace di produrre tossine in condizioni specifiche. La sua presenza è spesso associata a cambiamenti drastici nei parametri dell’acquario.

Come per Ostreopsis, le sue tossine possono avere effetti devastanti sull'intero ecosistema e, indirettamente, sui coralli.

Fattori scatenanti delle infestazioni


Le infestazioni di dinoflagellati sono spesso legate a squilibri ambientali che favoriscono la loro proliferazione.
Sebbene possano sembrare paradossali, alcune condizioni tipiche degli acquari ben mantenuti possono in realtà creare un terreno fertile per questi microorganismi.

Uno dei principali fattori scatenanti è la carenza di nutrienti.

Uno dei principali fattori scatenanti è la carenza di nutrienti.
Acquari troppo “puliti”, con livelli di nitrati e fosfati prossimi allo zero, riducono la competizione biologica e favoriscono i dinoflagellati, che riescono a prosperare anche in ambienti poveri di nutrienti disciolti. Sebbene utili per controllare gli eccessi di nutrienti, sistemi di filtrazione chimica come zeoliti, resine anti-fosfati o biopellet, se abusati, possono alterare l'equilibrio biologico dell’acquario, rendendolo povero in microfauna e poco adatto alla crescita di microalghe benefiche e batteri.

È importante notare che alcuni acquari possono mantenersi in salute anche con nutrienti estremamente bassi, purché il sistema sia stabile e biologicamente equilibrato. Tuttavia, scendere a livelli prossimi allo zero per periodi prolungati rappresenta spesso una delle cause principali della proliferazione di dinoflagellati.

Anche l’illuminazione gioca un ruolo fondamentale: uno spettro luminoso sbilanciato, ricco di luce bianca o rossa, può favorire la fotosintesi di alcune specie di dinoflagellati, accelerandone la proliferazione.
Questo è particolarmente vero se il fotoperiodo è troppo lungo o non ben calibrato per il sistema.

Un altro fattore spesso sottovalutato è la presenza di contaminanti chimici, come metalli pesanti o residui di prodotti chimici di origine esterna (importanti sono anche i pretrattamenti alle rocce sintetiche, (ne parliamo qui, Guida completa al trattamento di rocce sintetiche e naturali. – Beastore ).
Questi elementi sono noti per interferire fortemente con la salute della microfauna e dei coralli, lasciando spazio libero per i dinoflagellati.

Infine anche l'assenza di biodiversità è un elemento chiave.
Acquari avviati con rocce sintetiche o morte, senza un adeguato apporto di microfauna e microalghe benefiche, mancano della competizione biologica necessaria a mantenere un ecosistema equilibrato.
In questi ambienti, i dinoflagellati trovano meno ostacoli alla colonizzazione e possono proliferare rapidamente.

Per prevenire infestazioni, è essenziale mantenere un ecosistema diversificato, con un equilibrio di nutrienti adeguato, una gestione illuminotecnica ben calibrata e l’introduzione di microfauna e alghe utili.

La chiave sta nel creare un ambiente biologicamente attivo, che favorisca la competizione naturale e riduca lo spazio per l’insediamento di questi organismi indesiderati.

  1. Come riconoscere i dinoflagellati?


La corretta identificazione dei dinoflagellati è cruciale per adottare le strategie di trattamento più appropriate.
Nonostante possano condividere alcune somiglianze visive con alghe o altri microorganismi, i dinoflagellati presentano caratteristiche uniche che li rendono distinguibili se osservati con attenzione.

Identificazione macroscopica

I dinoflagellati si manifestano tipicamente sotto forma di filamenti o di una pellicola viscida e traslucida, spesso di colore marrone o giallo.
Durante il fotoperiodo, la mucillagine dei dinoflagellati spesso intrappola piccole bolle d'aria prodotte dalla fotosintesi, creando un aspetto peculiare facilmente riconoscibile.

Nonostante possano essere confusi con diatomee o altri microrganismi fotosintetici, le caratteristiche citate sono abbastanza tipiche.

Un metodo semplice ma efficace per identificare i dinoflagellati è attraverso un test di agglomerazione:

  1. Si preleva un po’ di acqua e mucillagine dall’acquario, preferibilmente dalla zona più infestata.
  2. Si agita energicamente il campione per rompere eventuali aggregati.
  3. Si versa il campione in un contenitore trasparente, lasciandolo alla luce per alcune ore.


I dinoflagellati tenderanno a riformare immediatamente mucillagini, agglomerati e filamenti, mentre diatomee ed altri piccoli organismi fotosintetici tenderanno generalmente a rimanere separati o a distribuirsi uniformemente sulle superfici, senza formare agglomerati.

Importanza della corretta identificazione

Se si vuole semplificare la risoluzione del problema, è fondamentale identificare la specie dominante allo scopo di scegliere il trattamento più adatto.
Il migliore metodo è procurarsi un piccolo microscopio ottico, che abbia un ingrandimento di almeno 400X.
Si può tranquillamente lavorare con strumenti “entry level” dal costo contenuto e facilmente utilizzabili.

Una volta identificato il genere, si potrà scegliere la strategia più adatta che può differire nelle diverse specie.
Ad esempio, le specie tossiche come Ostreopsis richiedono generalmente aspirazione continua della biomassa algale e l’uso di sterilizzatori UV, con una gestione particolarmente cauta per prevenire il rilascio di tossine, ad esempio attraverso l'ausilio di adsorbenti come il carbone attivo.

Specie come Amphidinium, meno tossiche ma persistenti, possono essere affrontate con metodi fisici come il sifonamento dei substrati e la lotta biologica.

 

 

  1. Cause delle infestazioni di dinoflagellati


Come abbiamo già detto, le infestazioni di dinoflagellati sono un segnale di squilibri ambientali nell'acquario.
Sebbene facciano parte del microbioma naturale di un ecosistema acquatico, i dinoflagellati proliferano rapidamente quando le condizioni non favoriscono la competizione biologica o si verificano deficit in alcuni parametri fondamentali.
Comprendere le cause scatenanti è essenziale per prevenire e affrontare efficacemente le infestazioni.

 

  1. Livelli bassi di nutrienti

Fosfati e nitrati prossimi allo zero rappresentano una delle principali cause di proliferazione dei dinoflagellati.
Questi microorganismi, a differenza di molti altri, riescono a prosperare anche in ambienti estremamente poveri di nutrienti.

I dinoflagellati possono sintetizzare parte delle risorse necessarie grazie alla loro capacità fotosintetica, ma anche attraverso comportamenti mixotrofici.

In un ambiente con nutrienti disciolti limitati, le alghe benefiche, la microfauna, i batteri e le altre forme di vita competono meno efficacemente, permettendo ai dinoflagellati di dominare.

 

  1. Scarsa competizione biologica

La biodiversità insufficiente è un terreno fertile per le infestazioni.
La fragilità delle colture di batteri benefici e delle microalghe “concorrenti” crea uno spazio ecologico vuoto che i dinoflagellati possono facilmente occupare.

Gli acquari appena avviati o quelli con rocce morte e substrati sterili spesso mancano di un microbioma stabile.
In questi casi, i dinoflagellati sono tra i primi organismi a colonizzare l’ambiente, sfruttando la mancanza di competitori e contrastando lo sviluppo di una microfauna benefica.

  1. Uso eccessivo di filtraggio chimico

Filtri chimici progettati per abbattere i nutrienti come resine anti-fosfati, biopellet o reattori di zeolite, possono causare squilibri se usati in modo eccessivo o senza una strategia chiara.

Come detto in precedenza, quando i fosfati e i nitrati vengono ridotti a livelli non rilevabili, si elimina il substrato necessario alla crescita di organismi concorrenti, e questo crea un ambiente favorevole per i dinoflagellati.


  1. Illuminazione inappropriata

Uno spettro luminoso sbilanciato, con un eccesso di luce bianca o rossa, può favorire alcune specie di dinoflagellati fotosintetici, accelerandone il metabolismo.

Allo stesso modo, cicli di luce prolungati (superiori alle 10 ore) possono favorirne ulteriormente la crescita.

Cause (non troppo) secondarie

Oltre ai fattori principali, ci sono altri elementi che possono contribuire indirettamente alle infestazioni:


Fluttuazioni nei parametri dell’acqua:
Improvvisi cambiamenti di temperatura, salinità, pH o bilanciamento ionico possono destabilizzare l’ecosistema e favorire i dinoflagellati.

Cambi d’acqua eccessivi:
Rimuovere frequentemente grandi quantità di acqua può alterare la stabilità dell’ecosistema, facendo fluttuare la disponibilità di nutrienti.


Abuso di biocidi, antialghe o trattamenti chimici:
La chimica è sempre l'ultima delle risorse: l'uso di prodotti chimici e biocidi come metronidazolo, fluconazolo o antibiotici può facilmente eliminare organismi benefici, lasciando spazio ai dinoflagellati.

 

    1. Strategie per eliminare i dinoflagellati


L’eliminazione dei dinoflagellati richiede un approccio integrato che combini prevenzione e trattamento diretto.
Una gestione bilanciata dei parametri dell’acquario e l’introduzione di competizione biologica possono prevenire le infestazioni, mentre interventi mirati possono risolverle rapidamente.
Qui di seguito, analizziamo le azioni preventive e i metodi di trattamento in dettaglio.

 

4.1. Azioni preventive

Prevenire un’infestazione è il modo più efficace per garantire un acquario sano e stabile.
Queste strategie mirano a creare un ambiente equilibrato e biologicamente attivo.

 

  1. Mantieni un equilibrio di nutrienti:

Cerca di mantenere il sistema in equilibrio e di non avere fluttuazioni nei nutrienti importanti o frequenti.
Per vasche oligotrofiche con prevalenza di SPS, vengono generalmente considerati valori ottimali NO3 tra 2-5 mg/L e PO4 tra 0,02 e 0,05 mg/L.
Per vasche miste invece, sono generalmente consigliati livelli di nutrienti leggermente più alti con NO3 tra 5-10 mg/L e PO4 tra 0,05 e 0,1 mg/L.

Nonostante i sistemi possano girare tranquillamente anche con valori molto diversi da quelli generalmente indicati come ottimali, questi valori possono dare un indicazione dei livelli da mantenere per avere un acquario in salute.
Scendere a zero per troppo tempo è spesso una delle cause scatenanti.

In ogni caso non inseguite i valori, se la vasca è stabile e in buona saluta non eseguire correzioni importanti nei nutrienti dosando i singoli ioni, è piuttosto meglio lavorare sul carico biologico del sistema, sull'alimentazione e sulla pulizia del perlon (rallentandola per avere più nutrienti disciolti)
 

  1. Introduci biodiversità:

    Utilizza inoculi di sabbia e di fauna bentonica per velocizzare la colonizzazione dei substrati.

Puoi utilizzare piccole rocce vive e substrati maturi per introdurre naturalmente batteri, alghe e microrganismi benefici (stando attenti a non introdurre organismi indesiderati).
Dosa regolarmente fitoplancton, zooplancton e microfauna bentonica di qualità elevata.

Aggiungi copepodi e altri piccoli invertebrati, che competono per risorse o consumano i dinoflagellati.

  1. Evita l’ultra-sterilità e l'azzeramento dei nutrienti:

Non esagerare con il filtraggio, cercare di toccare lo zero e di ottenere un sistema con nutrienti disciolti estremamente bassi può essere facilmente controproducente.

Riduci l’uso di resine, rallenta la pulizia dei prefiltraggi (solo in caso di assenza di dinoflagellati), alimenta maggiormente il sistema, evita di trovarti a dover reintegrare manualmente nutrienti disciolti sotto forma di nitrati e fosfati.

 

4.2. Strategie di trattamento

Se un’infestazione è già in corso, è necessario agire velocemente e in modo mirato per ridurre velocemente la presenza dei dinoflagellati e ripristinare l’equilibrio del sistema.
E sempre consigliabile non limitarsi ad utilizzare un solo metodo di trattamento ma combinarli insieme tra loro, per sfruttare le loro sinergie e attaccare l'infestazione su tutti i fronti.


Rimozione manuale e tempeste

La rimozione manuale è uno dei metodi più efficaci per rimuovere fisicamente quanta più biomassa possibile ed è la base per una rapida risoluzione del problema.
A prescindere dai metodi di trattamento selezionati, consigliamo di eseguirla sempre regolarmente e durante tutto il ciclo di trattamento.

Si può utilizzare un sifone ed una pipetta lunga per rimuovere i dinoflagellati da substrati, rocce e coralli.
Questa tecnica è particolarmente utile per specie come Amphidinium, che si annidano nei substrati sabbiosi o come Ostreopsis che tendono a ricoprire tutte le superfici del sistema.

Per la pulizia del vetro è consigliabile usare un raschietto a lama, in modo da rimuovere tutto il pannicolo gelatinoso in una sola operazione senza spargere materiale organico in vasca.
Il pannicolo può essere raccolto con un retino a maglia fine o aspirato con una pipetta
Consigliamo di rimuovere quanta più biomassa possibile, il più frequentemente possibile, durante tutta la durata del trattamento.

Una volta rimosso il grosso della biomassa e degli agglomerati, ci si potrà aiutare nella rimozione del particolato in sospensione con  l'utilizzo di resolve (dosaggio doppio) e con la tecnica della tempesta.
Per eseguire la tecnica della tempesta è sufficiente applicare un venturi alla risalita o farle semplicemente prendere aria.
Questo creerà un forte flusso di microbolle nel sistema, che legandosi ai detriti organici e agli agglomerati algali, ne favorirà la rimozione attraverso caduta e filtraggio.

È altamente consigliabile inserire una grossa quantità di perlon al prefiltraggio e di pulirlo quotidianamente, qualche ora dopo ogni pulizia del sistema.
Questo permetterà di ridurre gli effetti negativi della proliferazione e di rallentarne l'espansione.

Sterilizzazione UV

Molto utile è l'installazione di una lampada UV di potenza adeguata.

Consigliamo di mantenersi intorno ad 1 watt per 5-10 litri d’acqua.

È consigliabile mantenere un flusso lento, tra 300 e 500 l/h generalmente (seguite alla lettera le istruzioni dello strumento), allo scopo di massimizzare il tempo di esposizione dei dinoflagellati alla luce UV.

La sterilizzazione UV è particolarmente efficace contro specie che hanno fasi di nuoto libero in acqua, come Ostreopsis.

Consigliamo di posizionare l'UV alla risalita, in modo da trattare tutta l'acqua del sistema.


Tecnica delle zone di insediamento facilitato

Un altra tecnica che sarebbe bene associare ai precedenti trattamenti è la creazione di zone di insediamento facilitato.
Questa tecnica consiste nell'offrire ai dinoflagellati una zona dove possano concentrare la loro crescita, stimolandola grazie ad un flusso d'acqua generoso, una forte ossigenazione, un potenziamento dell'illuminazione ed un substrato colonizzabile adeguato.

In generale la migliore zona per eseguire il trattamento è il refugium: è sufficiente inserire in una zona ben illuminata e con un buon flusso d'acqua una buona porzione di perlon, disposto in modo da essere ben attraversato dall'acqua e ben illuminato.

In questo caso è frequente aumentare sia l'intensità luminosa che le ore di illuminazione, che possono anche essere portate a 16-18h, mentre per il flusso ci si può aiutare con una piccola pompa dedicata.

Il substrato di insediamento verrà lavato accuratamente quotidianamente, in modo da rimuovere quanta più biomassa possibile.


Dosaggio di plancton, microfauna e batteri

Un regolare e abbondante dosaggio di phytoplancton, zooplancton e microfauna bentonica è sempre auspicabile.

Oltre alla competizione per i nutrienti, alla guerra chimica, alla predazione e all'insediamento in nicchie ecologiche libere, un dosaggio continuo permette di bilanciare i nutrienti del sistema e di riequilibrarlo.

Lo zooplancton in particolare, permette di inserire con regolarità piccole quantità di nutrienti disciolti disponibili e consorzi batterici associati, molto utili in questi casi.

La microfauna contenuta nel bioboost invece permette di potenziare predazione e grazing da parte di meio e microbenthos, associandolo ad altri consorzi batterici e algali, più tipici dei primi strati dei substrati sabbiosi molli.


Il fitoplancton ed ma in generale macroalghe e microalghe, si occupano principalmente di competizione per i nutrienti, produzione di molecole allopatiche e insediamento in nicchie ecologiche libere.

Allo stesso modo è consigliabile affiancare al dosaggio del vivo, l'utilizzo del protocollo batterico aequilibrium, con un dosaggio di Aequilibrium E raddoppiato, aumentandone la frequenza di dosaggio.
 

Prodotti innovativi basati sulle diatomee

Negli ultimi anni sono stati sperimentati nuovi trattamenti basati sugli stessi precetti di competizione per i nutrienti, nicchie ecologiche e allelopatie, ma che si basano sull'utilizzo di diatomee come competitor naturali.

Il trattamento è molto simile al citato dosaggio di plancton e microfauna ma può essere eseguito prima della fase di ricolonizzazione del sistema, e si basa su specie algali e di microbenthos differenti.
Il concetto è sempre lo stesso: si stimola una proliferazione di diatomee e si inocula il sistema con particolari ceppi di zooplancton e microfauna bentonica.
Le diatomee si occupano di competizione e insediamento nella nicchia ecologica mentre la microfauna si occupa del grazing di entrambe.

Le diatomee, che siano inserite esternamente quindi alloctone, o che si sviluppino autonomamente per la disponibilità di silicati nel sistema (quindi autoctone), una volta terminate le rispettive risorse andranno in regressione e saranno consumate da benthos e zooplancton.

Seppur preferiamo sempre utilizzare la strada naturale basandoci sui naturali processi biologici degli ecosistemi, in alcune tecniche la proliferazione delle diatomee viene semplicemente stimolata attraverso dosaggi consistenti di silicati disciolti.
Sconsigliamo queste tecniche ai meno esperti, il dosaggio di uno ione come il silicato richiede un livello di conoscenze abbastanza elevato.

Se alcune case madri hanno focalizzato la loro attenzione sulla coltivazione di diverse specie di diatomee, le nostre ricerche si sono invece focalizzate sull'utilizzo di specifici estratti algali e vegetali stabilizzati, ricchi di silicati biodisponibili.
Alcuni dei diversi potenziamenti del resolve che entreranno in commercio a breve, si basano proprio sul potenziamento del prodotto con estratti vegetali (es. Equiseto, Bamboo..) e concentrati cellulari di diverse specie di diatomee (es. Chaetoceros, Pavlova, Isochrysis..) e altre macro e microalghe, contenenti silicati biodisponibili e molecole con azione allopatica.

Siamo estremamente soddisfatti del risultato, non vediamo l'ora di poterveli presentare.


Riduzione dell'illuminazione e oscuramento totale

Un oscuramento totale di 3-5 giorni può ridurre significativamente la crescita dei dinoflagellati e la loro presenza, contribuendo in maniera molto efficace alla lotta.
Questa tecnica è più efficace se combinata alle altre, in particolare al trattamento con UV e al dosaggio di microfauna bentonica.

Una versione più delicata di questa tecnica prevede una riduzione dell'intensità luminosa e delle ore di illuminazione (6h max).
Si procede quindi con un alterazione dello spettro con l'esclusione dei rossi e una quasi totale rimozione dei bianchi (100% blu, 1-3% bianco)


Aumento dei nutrienti

Per quanto possa sembrare strano, in alcuni casi un semplice ribilanciamento mirato dei nutrienti può essere d'aiuto: una maggiore competizione per le risorse limita la crescita dei dinoflagellati favorendo l'attecchimento di microalghe benefiche.

Raccomandiamo ad ogni modo di incrementare i nutrienti gradualmente per evitare stress agli ospiti e soprattutto di farlo in maniera “biologica o naturale” piuttosto che con l'inserimento di ioni singoli quali nitrato e fosfato.

Di solito è sufficiente aumentare leggermente l'alimentazione del sistema prediligendo prodotti come zooboost o phytoplus nel caso ci sia una carenza di fosforo, mentre coral boost, zooplus o pure eggs,  nel caso di una carenza di azoto.


L’eliminazione dei dinoflagellati richiede un approccio sistematico che combini la rimozione manuale con tecniche chimiche, biologiche e fisiche.

Ogni metodo ha i suoi punti di forza e, quando combinato strategicamente, porta generalmente alla risoluzione del problema in qualche settimana.

Mantenere un monitoraggio regolare e una manutenzione equilibrata è fondamentale per prevenire recidive e garantire la stabilità a lungo termine dell’acquario.

  1. Prevenzione a lungo termine

  1. Monitora regolarmente i parametri dell'acqua

I dinoflagellati prosperano in ambienti con parametri instabili o squilibrati.
Controllare regolarmente i livelli di nitrati, fosfati, pH e triade, consente di intervenire tempestivamente in caso di anomalie.

  1. Integra con macrobentos e detritivori

Una buona popolazione di piccole lumache, crostacei, grazers e detritivori bentonici sono fondamentali per mantenere in salute i substrati rocciosi e sabbiosi.
Allo stesso modo sono estremamente utili tutti quegli organismi con abitudini fossorie e che sono i principali responsabili della bioturbazione dei substrati sabbiosi.
Questi si occuperanno di mantenere costantemente ossigenata la sabbia e di fare circolare al loro interno i nutrienti.

L'unica accortezza è di non utilizzare predatori di microfauna, nel caso si voglia puntare sui piccoli organismi bentonici.
Se Nassarius possono essere utili, evitate invece Archaster e simili.

  1. Gestisci l’alimentazione e i nutrienti disciolti

Ricordiamo sempre l'importanza dell’equilibrio del sistema: una cattiva gestione dell'alimentazione può portare a carenze o ad accumuli di nutrienti, entrambi fattori che favoriscono i dinoflagellati.

Controllare regolarmente i livelli di nutrienti per regolare la quantità e la frequenza dell’alimentazione è fondamentale per una corretta gestione del carico organico del sistema.

Evitate di toccare lo zero per periodi troppo prolungati, fate piccole correzioni, cercate di risolvere il problema alla base senza preoccuparvi principalmente del sintomo.

  1. Inserisci una componente algale nel sistema

L’utilizzo di un refugium o di un algae turf scrubber è una soluzione efficace per mantenere i livelli di nutrienti sotto controllo e creare un ambiente biologicamente competitivo, capace di limitare la proliferazione dei dinoflagellati.

Il refugium ( né abbiamo parlato qui Il Refugium: Aspetti tecnici ed allestimento. – Beastore ) è un’area separata dell’acquario, spesso collegata alla sump, progettata per ospitare macroalghe benefiche, come la Gracilaria o la Chaetomorpha, e organismi utili, come copepodi e anfipodi.
Questi organismi non solo aiutano a ridurre i nutrienti e ad aumentare la competizione biologica, ma forniscono anche una fonte di cibo vivo per pesci e coralli.
Questo sistema agisce come un filtro biologico naturale, stabilizzando i parametri, aumentando la competizione biologica, producendo molecole ad azione allopatica contribuendo al tempo stesso a migliorare la biodiversità.

L’algae turf scrubber (ATS), invece, utilizza una superficie illuminata, spesso una griglia, per promuovere la crescita controllata di alghe inbferiori.
Queste alghe consumano i nutrienti in eccesso presenti nell’acqua, come fosfati e nitrati, sottraendoli ad altre alghe e organismi indesiderati.
La biomassa prodotta può essere facilmente rimossa fungendo anche da zona di insediamento facilitato.

Entrambi i sistemi offrono vantaggi significativi a lungo termine.
A differenza di filtri chimici o metodi più drastici, un refugium o un ATS non impoveriscono la microfauna presente nel sistema, ma favoriscono la creazione di un ecosistema equilibrato e resiliente.

Contribuiscono a mantenere i nutrienti a livelli ottimali, limitano la possibilità di fioriture di dinoflagellati e nonostante richiedano un minimo di manutenzione quindicinale, la loro funzione di regolazione naturale riduce la necessità di interventi chimici o frequenti cambi d’acqua, rendendoli strumenti particolarmente utili per la semplificazione della gestione.

Conclusioni

La chiave risiede sempre nell’equilibrio: creare un ambiente biologicamente attivo, monitorare con attenzione i parametri e adottare soluzioni integrate che privilegino la competizione naturale.

Affrontare un'infestazione di dinoflagellati può diventare una sfida difficile, ma con un approccio strategico e mirato è possibile risolvere il problema in modo efficace e soprattutto duraturo.

Non demordete mai e cercate di non cedere alla chimica.
Con costanza, cura e un pizzico di pazienza, li si schioda via ;)


Sperando questo piccolo approfondimento possa esservi di aiuto nei momenti bui!

Stay Tuned, Stay Salty e Buon reefing a tutti!

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IN BREVE:

Cosa sono i dinoflagellati e perché sono problematici: Protisti unicellulari utili in ecosistemi sani, ma pericolosi se proliferano in modo incontrollato. Formano mucillagini brune con bollicine che soffocano coralli, sottraggono nutrienti e, in alcuni casi, rilasciano tossine pericolose (Ostreopsis, Prorocentrum).


Cause principali delle infestazioni:

  • Scarsa biodiversità in acquari con rocce sintetiche o filtraggio eccessivo.

  • Nutrienti bassi (NO3 e PO4 prossimi a zero).

  • Fluttuazioni dei parametri (pH, temperatura, salinità) o presenza di contaminanti chimici.

  • Illuminazione sbilanciata (eccesso di luce bianca/rossa, fotoperiodo lungo).


Prevenzione:

  • Nutrienti bilanciati: NO3 (2-10 mg/L), PO4 (0,02-0,1 mg/L), evitando lo zero.

  • Biodiversità: Introduzione di zooplancton, microfauna, organismi bentonici e macroalghe.

  • Filtraggio moderato: Ridurre l’uso di resine chimiche e pulire il prefiltraggio con moderazione.

  • Evitare trattamenti chimici: l'uso di prodotti chimici e biocidi come metronidazolo, fluconazolo o antibiotici può facilmente eliminare organismi benefici, lasciando spazio ai dinoflagellati.


Interventi manuali:

  • Rimozione meccanica regolare di mucillagini con sifoni, pipette e raschietti.

  • Utilizzo di perlon nel prefiltraggio, pulirlo frequentemente per rimuovere quanta più biomassa possibile.

Metodi tecnici:

  • Sterilizzatore UV: Trattare tutta l’acqua con un flusso lento (1 watt per 5-10 L, 300-500 L/h).

  • Zona di insediamento facilitato: Favorire la concentrazione dei dinoflagellati in aree illuminate, rimuovendoli regolarmente.


Strategie biologiche:

  • Competizione: Dosaggio di phytoplancton (Bea Synecho mix, Bea Green Pro e Bea Black Pro), Zooplancton (BEA Mesocosmo), organismi bentonici e microfauna (Bea Bio Boost, Bea Inoculo di sabbia, Bea Benthos Kit) e batteri (Bea Aequilibrium Kit).

  • Refugium e ATS: Promuovere macroalghe benefiche e competizione ecologica.


Potenziamenti trattamento:

  • Proliferazione controllata di diatomee per competizione con dinoflagellati. (Presto disponibile: Bea Resolve Diatoms).

  • Riduzione dell’illuminazione o oscuramento totale per 3-5 giorni.


Gestione dei nutrienti:

  • Incrementare gradualmente con l’alimentazione No3 (Bea Zoo Plus, Bea Pure Eggs), e PO4 (Bea Phyto Plus, Bea Zoo Boost).

  • Evitare l’uso eccessivo di ioni singoli come nitrati e fosfati.

Manutenzione a lungo termine:

  • Monitorare regolarmente parametri e nutrienti. Effettuare saltuariamente un icp per verificare presenza di metalli e altri contaminanti.

  • Mantenere substrati ossigenati con detritivori e organismi bentonici attivi.

  • Creare un sistema biologicamente stabile per prevenire recidive.


Conclusione: Affrontare i dinoflagellati richiede un approccio integrato combinando prevenzione, interventi fisici, tecnici e biologici. La chiave è un ecosistema equilibrato con competizione naturale.

I trattamenti contro i dinoflagellati devono essere eseguiti in maniera sinergica e integrata. Affrontare il problema con un singolo metodo è spesso controproducente e non garantisce una soluzione stabile nel lungo termine.

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