L’olobionte e l’equilibrio invisibile: i batteri nell’acquario marino di barriera.

L’olobionte e l’equilibrio invisibile: i batteri nell’acquario marino di barriera.


 
Indice

1. Introduzione: l’acquario come ecosistema microbiologicamente attivo
• Ecologia del reef domestico


• Il microbioma in sistemi chiusi


• Equilibrio, resilienza e potenziali instabilità microbiche



2. Ecologia microbica marina: stato dell’arte


• Diversità e abbondanza dei batteri oceanici


• Ruoli nei cicli biogeochimici, simbiosi, decomposizione


• Differenze fra comunità naturali e in cattività



3. Classificazione funzionale del microbioma d’acquario


• Autotrofi chemo-litotrofici (nitrificatori)


• Eterotrofi (decompositori, denitrificanti, fermentatori)


• Fotoeterotrofi (batteri purpurei non solforosi)


• PAO e PSB nel ciclo del fosforo
• Mixotrofi stabilizzatori e biofilm multispecie



4. Localizzazione funzionale delle sequenze biochimiche


• Azoto: ammonificazione, nitrificazione, denitrificazione, anammox


• Fosforo: assorbimento, solubilizzazione, legami con il carbonio


• Carbonio organico disciolto e microbial loop


• Zolfo, ferro, manganese, micro-cicli redox integrati



5. Zone ipossiche e microbiologia del substrato


• Diffusive Boundary Layer e gradienti O₂/Redox


• Stratificazione di sabbie e rocce porose


• Gilde funzionali in micro-ossia e anossia


• Bioturbazione, DSB, SSB, reattori litomorfi e a zolfo



6. Specie batteriche chiave e habitat preferenziali


• Schede sintetiche dei generi rilevanti


• Localizzazione: rocce, colonna, sabbia, muco, impianti tecnici


• Dinamica comunitaria dipendente da luce, nutrienti e flusso



7. Il microbioma corallino


• Olobionte corallino e microbioma del muco


• Funzioni protettive, nutrizionali, immunomodulanti


• Disbiosi, RTN/STN e probiotici BMC



8. Manipolazione del microbioma in acquario


• Inoculi commerciali: criteri di scelta e limiti ecologici


• Carbon dosing: logica, benefici, possibili rischi


• Formulazioni integrate (batteri + enzimi + prebiotici)


• Monitoraggio convenzionale e molecolare



9. Formulazioni batteriche commerciali: produzione e qualità


• Selezione, coltura, stabilizzazione dei ceppi
•

 Forme in commercio: liofilizzati, liquidi, incapsulati, gel


• Assenza di specie e CFU in etichetta: motivazioni e implicazioni


• Verso consorzi “su misura” guidati da eDNA



10. Sfide aperte e prospettive future


• Gap di conoscenza e standardizzazione


• Ecologia complessa degli inoculi e gestione data-driven


• Prevenzione RTN/STN e microbioma come bio-indicatore


• Microbiologia di precisione e sostenibilità dell’acquariofilia
 

 


Capitolo 1

Introduzione: l’acquario come ecosistema microbiologicamente attivo.


In acquariologia marina, è ormai acquisito che un acquario di barriera non rappresenti semplicemente un contenitore di acqua salata e organismi, ma un ecosistema biologicamente complesso, caratterizzato da una rete intricata di interazioni chimiche, fisiche e biologiche. 
Al centro di questa rete, spesso invisibili e sottovalutati, si trovano benthos, microfauna, vari microrganismi, e in particolare i batteri, che costituiscono una delle principali basi funzionali dell'intero sistema. 
Un acquario reef può essere considerato a tutti gli effetti un ecosistema microbiologicamente guidato, in cui l'equilibrio globale dipende da comunità batteriche dinamiche, adattabili e funzionalmente diversificate.
 

 

L’ecosistema chiuso e il ruolo dei batteri


A differenza di un ambiente marino naturale, in cui i processi di autoregolazione sono supportati da vasti volumi d’acqua e da un ricambio continuo di nutrienti, l’acquario marino domestico rappresenta un sistema chiuso o, nel migliore dei casi, semiaperto. 

In questo contesto, i batteri assumono un’importanza ancora maggiore, poiché sono chiamati a degradare le sostanze di rifiuto, riciclare nutrienti, detossificare metaboliti potenzialmente letali e contribuire all’omeostasi chimica della colonna d’acqua e dei substrati.


Tra le funzioni principali svolte dai batteri in acquario si annoverano:

  • la nitrificazione (ossidazione dell’ammoniaca a nitrito e poi a nitrato)
  • la denitrificazione (riduzione del nitrato ad azoto gassoso)
  • la degradazione della materia organica (proteine, carboidrati, lipidi, detriti organici)
  • il ciclo del fosforo (assorbimento, accumulo e rilascio del fosfato)
  • la produzione di composti bioattivi e segnali chimici (quorum sensing)
  • la competizione con patogeni, sia nello spazio (esclusione da nicchie ecologiche) che per risorse (nutrienti)

 

Questi processi non avvengono in modo isolato, ma sono frutto di interazioni tra popolazioni batteriche differenti, organizzate spesso in forma di biofilm e consorzi batterici.
 





Il microbioma come componente strutturale del sistema


Il termine microbioma, nonostante oggi sia molto diffuso, trova qui una delle sue espressioni più concrete e tangibili.

Per microbioma si intende l’insieme dei genomi microbici presenti in un determinato ambiente, e che descrivono l’immensa varietà di organismi che partecipano a questi consorzi naturali.
Nel linguaggio comune è spesso utilizzato per riferirsi direttamente all’insieme dei microrganismi  che colonizzano i nostri sistemi, principalmente batteri, archea, microalghe, virus e protozoi.


In un acquario di barriera ben funzionante, il microbioma:

  • si stabilizza progressivamente nel tempo, ma non è mai statico
  • reagisce a ogni cambiamento ambientale (variazioni di illuminazione, parametri chimico-fisici, nutrienti, introduzione di nuovi organismi)
  • svolge un ruolo chiave nella prevenzione delle disbiosi, squilibri che possono portare a malattie o collassi sistemici (come RTN/STN nei coralli duri).

 

Gli studi di metagenomica (una tecnica che permette l’analisi genetica dell'intero DNA ambientale) condotti su acquari di barriera hanno confermato che la diversità batterica è un indicatore diretto della salute del sistema.

Sistemi più diversificati e con una buona biodiversità risultano più resistenti agli stress, alle infezioni e agli sbilanciamenti. 
In parallelo, una riduzione di specifici taxa batterici – come Pelagibacteraceae, Rhodobacteraceae o Flavobacteriaceae – è stata associata, in diversi studi metagenomici su acquari domestici, a condizioni patologiche ricorrenti, inclusi episodi di RTN nei coralli duri, accumulo anomalo di nutrienti o crolli dell’equilibrio redox (Kelly et al., 2014).



Perché studiare i batteri in acquario marino oggi


La microbiologia applicata all’acquariologia non è più un ambito esclusivamente sperimentale e marginale, ma diventerà sempre più una disciplina centrale, tanto nella gestione dei protocolli professionali di acquacoltura ornamentale e restaurazione ambientale, quanto dei nostri acquari.

Gli strumenti che abbiamo oggi a disposizione (dalla coltura selettiva, all’identificazione molecolare, fino alla formulazione di prodotti probiotici e prebiotici) permettono una gestione attenta e consapevole del microbioma dei nostri sistemi.


L’introduzione sul mercato di prodotti contenenti ceppi specifici, fonti di carbonio selettive, prebiotici, oligosaccaridi, enzimi digestivi e altri coadiuvanti biologici, apre la strada a una gestione attiva del microbioma, concetto già ampiamente utilizzato in agricoltura, zootecnia e medicina umana.


Capitolo 2

Ecologia microbica marina: cosa sappiamo oggi

Piccola introduzione alla microbiologia marina moderna



La microbiologia marina è una disciplina molto affascinante che studia la diversità, le funzioni e le interazioni dei microrganismi negli ambienti oceanici.
Sebbene invisibili, i batteri marini costituiscono la forma di vita più abbondante sulla Terra in termini numerici e di biomassa.
Ogni millilitro di acqua di mare contiene da 10⁵ a 10⁶ cellule batteriche, con concentrazioni anche maggiori nei primi metri della colonna d’acqua, dove dominano gruppi come Pelagibacter ubique, e altri batteri oligotrofici ad alta efficienza metabolica.

Questi microrganismi non solo colonizzano ogni nicchia ecologica marina — dalle superfici rocciose alle sabbie anossiche — ma sono tra i principali attori nei cicli biogeochimici globali.
La loro attività regola i flussi di carbonio, azoto, fosforo, zolfo e altri elementi essenziali, influenzando direttamente la produttività primaria (il fitoplancton), la qualità dell’acqua e la composizione delle reti trofiche marine


Metabolismi: chi fa cosa nei cicli biogeochimici

I batteri marini possono essere classificati in base a due principali caratteristiche fisiologiche:

  • fonte di energia: quando usano la luce si usa il prefisso “foto-“quando invece usano reazioni chimiche “chemo-“
  • fonte di carbonio: anidride carbonica (autotrofi) o composti organici (eterotrofi).

Tipo

Fonte di energia

Fonte di carbonio

Autotrofi chemo-litotrofici

Composti inorganici (es. NH₄⁺, NO₂⁻)

CO₂

Fotoeterotrofi

Luce + composti organici

Composti organici disciolti

Eterotrofi

Composti organici

Composti organici

Mixotrofi

Luce e/o composti chimici

Flessibile




Queste categorie metaboliche sono alla base della funzionalità degli ecosistemi acquatici, sia naturali sia ricreati in acquario.

La presenza di un’adeguata diversità funzionale assicura che i principali cicli chimici possano essere sostenuti efficacemente dal sistema.

 


 
Ruoli microbici nei cicli biogeochimici


1. Ciclo del carbonio:


I batteri eterotrofi degradano continuamente la materia organica disciolta (DOM) e il particolato organico (POM), rilasciando CO₂, nutrienti e composti secondari.

Questo processo alimenta il microbial loop, una via trofica che ricicla il carbonio organico non accessibile direttamente ai consumatori superiori, restituendolo alla base della catena alimentare, in particolare al fitoplancton.



Alcuni batteri come Roseobacter e Flavobacterium contribuiscono anche alla produzione di composti organici volatili (es. DMS, dimetilsolfuro), importanti, tra le altre cose, per la chimica atmosferica e la formazione di nubi.


2. Ciclo dell’azoto:

  • Nitrificatori autotrofi convertono l’ammoniaca in nitrito e poi in nitrato, il tutto in presenza di ossigeno (es. Nitrosomonas marina, Nitrospira).

  • Denitrificanti eterotrofi operano la riduzione del nitrato ad azoto molecolare (N₂), specialmente in zone ipossiche o anossiche (es. Paracoccus denitrificans).

  • Batteri anammox realizzano l’ossidazione anaerobica dell’ammonio con nitrito, anche se sono raramente dominanti in acquario (es. Candidatus Brocadia)


La presenza simultanea di comunità aerobiche e anaerobiche nei biofilm e nei sedimenti permette un ciclo completo dell’azoto.



3. Ciclo del fosforo:


Il fosforo entra nel sistema principalmente attraverso l’alimentazione e viene assimilato da batteri eterotrofi e dai PAO (Polyphosphate Accumulating Organisms), che lo immagazzinano come granuli intracellulari di polifosfato.

Questo può essere smaltito dal sistema grazie all’azione combinata di fonti di carbonio e schiumazione, attraverso l’assorbimento da parte di macro e microalghe, stabilizzato nei sedimenti o in resine adsorbenti specifiche.



Da notare che le reazioni non vanno sempre nel verso in cui ci aspettiamo: alcuni batteri definiti PSB (Phosphate Solubilizing Bacteria, riescono a risolubilizzare fosfati legati a particelle minerali o organiche, rendendoli biodisponibili


4. Ciclo dello zolfo:

In ambienti poveri di ossigeno, batteri solfato-riduttori come Desulfovibrio riducono il solfato a solfuro di idrogeno (H₂S), un gas tossico che può accumularsi nei substrati sabbiosi profondi. 


Batteri appartenenti alla categoria dei PPB (Purple phototrophic bacteria) come Rhodobacter, Rhodospirillum, Rhodopseudomonas, (…) possono contribuire alla detossificazione grazie alla loro capacità di metabolizzare solfuri in ambienti fotici e anaerobi, come i primi millimetri dei substrati sabbiosi.

Consorzi microbici e biofilm: la forza della cooperazione


In ambiente marino i batteri raramente vivono isolati.

La maggior parte delle comunità microbiche forma consorzi sinergici, cioè gruppi di specie che collaborano per massimizzare l’efficienza metabolica e la resistenza agli squilibri ambientali.



I consorzi microbici operano tramite l’interazione tra diversi meccanismi e nello specifico:

  • costruzione di biofilm: strutture tridimensionali composte da batteri inglobati in una matrice extracellulare di mucillagini, polisaccaridi, proteine e DNA extracellulare.

  • cross-feeding: scambi trofici tra metaboliti intermedi e sottoprodotti (un nutriente di scarto prodotto da un batterio, viene usato come alimento da un altro);

  • quorum sensing: coordina l’espressione genica collettiva, regolando biofilm, produzione di enzimi, virulenza e competizione (segnali chimici che coordinano il comportamento generale dei consorzi)

  • successione ecologica: alcune specie preparano il substrato per le successive.

  • biofilm cooperativi: specie diverse si integrano in strutture stabili, sfruttando i gradienti interni per differenziare le attività metaboliche

 

Il biofilm permette la coesistenza di specie con metabolismi contrastanti:

  • superficie ossigenata → nitrificatori (es. Nitrosomonas);

  • strati più profondi → denitrificanti, fermentatori, riduttori di solfati;

  • zone di transizione → PAO, mixotrofi, PPB.


Questa stratificazione crea una micro distribuzione redox dove ognuna delle diverse specie del consorzio trova la sua nicchia e che permette di trattare contemporaneamente nutrienti diversi e mantenere la stabilità chimica dell’intero sistema.

In acquario, i biofilm si formano su vetri, rocce vive, substrati tecnici, superfici in plastica, sabbia e in alcuni particolari casi, persino sul muco dei coralli.
 


Implicazioni per l’acquariologia di barriera moderna


Se vogliamo approfondire questi nuovi concetti in acquariologia non è soltanto per passione nel nostro lavoro, ma anche per aiutare gli appassionati a capire che “l’equilibrio batterico” non si riduce alla presenza di pochi ceppi di chemiolitotrofici ormai più che noti, ma che richiede una rete di specie, consorzi e funzioni molto ampia.



Così com’è molto importante selezionare inoculi batterici che riflettano questa diversità funzionale, è fondamentale evitare l’uso indiscriminato di biocidi (ozono, UV, farmaci, prodotti chimici) che possono disturbare e sbilanciare i consorzi utili.


Ogni cambiamento tecnico influenza in maniera consistente la dinamica microbica.

La gestione del microbioma deve quindi essere dinamica, basata su osservazione continua, risposta adattiva e comprensione delle interazioni batteriche naturali.

 


Capitolo 3

Classificazione funzionale dei batteri in acquario


 1. Batteri autotrofi chemio-litotrofici: i nitrificatori


I batteri autotrofi chemio-litotrofici sono organismi in grado di ricavare energia dall’ossidazione di composti inorganici (principalmente azotati) e di fissare il carbonio atmosferico in forma ridotta (CO₂ → composti organici).



In acquario, il loro ruolo principale è la nitrificazione, un processo a due stadi:

  • Ammoniaca (NH₃/NH₄⁺) → Nitrito (NO₂⁻): effettuato da batteri ammonio-ossidanti (AOB) come Nitrosomonas marina e Nitrosococcus oceani (…).

  • Nitrito (NO₂⁻) → Nitrato (NO₃⁻): ad opera di batteri nitrito-ossidanti (NOB) come Nitrobacter winogradskyi e Nitrospira marina (…).

Esistono anche batteri “comammox” (complete ammonia oxidizers), come Nitrospira inopinata, (…), capaci di effettuare entrambe le reazioni. 



Questi organismi crescono lentamente, richiedono ambienti ben ossigenati e superfici stabili (rocce vive, biomedia filtranti specifici) per insediarsi, ma la loro presenza è cruciale per evitare accumuli tossici di ammoniaca e nitrito.
 

2. Batteri eterotrofi: decompositori, denitrificanti e fermentatori


Come detto precedentemente, i batteri eterotrofi ricavano energia e carbonio dalla materia organica disciolta o particolata (DOM e POM).



Si dividono in tre sottogruppi principali:

  • Decompositori aerobici: come Bacillus subtilis, Alteromonas, Flavobacterium, (…), capaci di degradare proteine, zuccheri, lipidi e detriti cellulari. 
Costituiscono la base della trasformazione della materia organica:
sono loro che si occupano delle prime fasi di degradazione dei nutrienti (la famosa “ciccia” di cui vi parlo sempre)

  • Denitrificanti facoltativi: come Paracoccus denitrificans, Pseudomonas stutzeri, (…), che in condizioni ipossiche o anossiche riducono il nitrato (NO₃⁻) a gas azoto (N₂), completando il ciclo dell’azoto.

  • Fermentatori anaerobi: come Clostridium spp., (…), che degradano composti organici in assenza di ossigeno producendo acidi grassi volatili, H₂ e CO₂.


Ricordiamo che l’attività degli eterotrofi è fortemente influenzata dalla disponibilità di carbonio organico e dalla relazione C:N:P nel sistema.

Un eccesso di Carbonio, può rapidamente condurre a bloom batterici e squilibri redox.


 3. Batteri fotoeterotrofi: batteri purpurei non solforosi (PPB)


I batteri purpurei non solforosi sono un gruppo di microrganismi capaci di utilizzare la luce come fonte di energia (fototrofia) in combinazione con carbonio organico (eterotrofia). Esempi rappresentativi sono Rhodobacter sphaeroides e Rhodopseudomonas palustris, i cui metabolismi sono ben studiati e documentati nella letteratura scientifica, anche se in realtà possono essere coinvolte un numero di specie non indifferente.


Questi batteri colonizzano ambienti ben illuminati ma contemporaneamente poveri di ossigeno, come i primi millimetri del letto sabbioso o zone di transizione ombra/luce. 
Sono versatili, capaci di utilizzare vari substrati organici e di produrre composti bioattivi (vitamine, antiossidanti).

Contribuiscono alla riduzione di nutrienti, alla detossificazione del substrato e alla stabilità microbiologica.


PS: Sono eccezionali nelle colture di zooplancton, nei refugium e negli strati sabbiosi profondi.


4. Batteri del ciclo del fosforo: PAO e PSB

In natura il fosforo è un nutriente poco disponibile e che fà molto spesso da fattore limitante.
In acquario invece, la situazione è frequentemente inversa: se il sistema non è gestito correttamente, è facile osservare un graduale e continuo accumulo.



Come accennato nel capitolo 2, batteri coinvolti nella sua regolazione si distinguono in:

  • PAO (Polyphosphate Accumulating Organisms): come Candidatus Accumulibacter phosphatis, (…), che assorbono ortofosfato (PO₄³⁻) e lo immagazzinano come polifosfato intracellulare, agendo da tampone contro le variazioni di disponibilità.

  • PSB (Phosphate Solubilizing Bacteria): come Pseudomonas fluorescens, (…), capaci di solubilizzare fosforo legato a particelle o complessi organici rendendolo assimilabile da altri organismi.

La loro attività è fondamentale per regolare i livelli di fosfato, soprattutto in sistemi ricchi di DOM.
 






Capitolo 4

Localizzazione funzionale delle sequenze biochimiche


In un acquario marino ogni elemento essenziale – azoto, fosforo, carbonio, zolfo, ferro e micro-oligoelementi – attraversa sequenze biochimiche che dipendono in gran parte dall’attività batterica. 



Conoscere questi cicli, le comunità microbiche che li governano ma anche i micro-ambienti nei quali si svolgono consente di interpretare correttamente le variazioni dei parametri dell’acqua e dello stato di salute degli animali, intervenendo in modo mirato sulla gestione del sistema.
 

1. Ciclo dell’azoto


Stadio

Reazione (semplificata)

Batteri chiave
(semplificati)

Micro-habitat tipico

Ammonificazione

Proteine → NH₄⁺

Bacillus, Alteromonas

Colonna d’acqua, biofilm superficiali

Nitrificazione

NH₄⁺ → NO₂⁻ (Nitrosomonas, Nitrosococcus)
NO₂⁻ → NO₃⁻ (Nitrobacter, Nitrospira, comammox)

Biofilm ossigenati, materiali filtranti

Substrati ossigenati, biomedia specifici, materiali filtranti

Denitrificazione

NO₃⁻ → N₂ (passaggi intermedi NO₂⁻, NO, N₂O)

Paracoccus, Pseudomonas, Ruegeria

Zone ipossiche di sabbia e rocce, profondità del biofilm, biomedia

Anammox

NH₄⁺ + NO₂⁻ → N₂ + H₂O

Candidatus Brocadia, Kuenenia

Tasca anossica in DSB maturi, reattori dedicati


 
2. Ciclo del fosforo

 

Processo

Batteri principali
(semplificati)

Note operative

Assorbimento  

PAO (Candidatus Accumulibacter, Tetrasphaera)

Immagazzinano PO₄³⁻ come polifosfato (fino al 20 % della massa secca).

Solubilizzazione

PSB (Pseudomonas fluorescens, Bacillus megaterium)

Rilasciano acidi organici e fosfatasi che liberano PO₄³⁻ da minerali o P-organico complesso.

Rilascio controllato

Stessi PAO (fase di penuria)

In assenza di fosfato esterno scindono i granuli e lo rilasciano all’ambiente, fungendo da “tamponi”.

 

  • Interazione C–P Un rapporto C:P intorno a 100:1 (molare) massimizza l’assorbimento PAO senza sovra-nutrire gli eterotrofi opportunisti.


 
3. Ciclo del carbonio organico disciolto (DOC)

  • Mineralizzazione: Alteromonas, Vibrio, Shewanella, (…) convertono DOM in CO₂, ammonio e fosfato.

  • Sequestro in biomassa: durante il dosaggio di carbonio gli eterotrofi incorporano NO₃⁻/PO₄³⁻ in nuova biomassa; lo skimmer rimuove il particolato batterico riducendo i nutrienti inorganici.

  • Residui nocivi: parte della DOM viene trasformata in composti recalcitranti (RDOC) che si accumulano lentamente – la gestione pratica consiste nel cambio di una frazione dell’acqua, nell’utilizzo di resine scavenger o di carbone attivo.

 

 4. Ciclo dello zolfo


Fase

Batteri

Condizioni

Riduzione

Desulfovibrio, Desulfobacter

Sedimenti anossici, DSB > 6 cm

Ossidazione fototrofa

PPB (Rhodobacter, Rhodopseudomonas)

Strati superficiali di sabbie illuminate, bassa O₂

Ossidazione chemio-litotrofica

Beggiatoa, Thiobacillus

Superficie rocce vive e strati sabbiosi, interfaccia ossigeno-solfuro

 

  • Gestire il letto sabbioso con un lieve ma costante flusso interstiziale impedisce accumuli di H₂S.


 5. Ferro, manganese e oligoelementi

  • Siderofori prodotti da Vibrio, Marinobacter chelano Fe³⁺, rendendolo assimilabile a fitoplancton e coralli.

  • Batteri Fe(II)/Mn(II) ossidanti (Gallionella, Leptothrix) formano ossidi che adsorbono fosfati e metalli pesanti: utile nei substrati porosi o nei filtri a materiale ferro-manganesico.

  • Cicli di Cu, Zn, Mo sono meno studiati ma influenzano cofattori enzimatici e crescita batterica.

 

6. Biofilm come “reattore a cascata”


Nei biofilm maturi si instaurano gradienti verticali che permettono reazioni opposte in pochi millimetri:

  • Da 0 a 100 micron: O₂ ~ 5–6 mg L⁻¹ (pieno regime aerobico) → nitrificazione, ossidazione Fe²⁺
  • Da 100 a 300 micron: O₂ ~ 0,2–1 mg L⁻¹ (micro-ossico) → massima attività di PPB e PAO
  • Maggiore di 300 micron: O₂ < 0,1 mg L⁻¹ (anossico) → denitrificazione, riduzione SO₄²⁻, fermentazione



Un rinnovo lento dell’acqua fra i pori e la matrice esopolisaccaridica (EPS) garantisce tempi di ritenzione adeguati per le trasformazioni complete degli elementi.


Consigli gestionali in pillole


Obiettivo

Leva microbica

Ridurre NO₃⁻

Favorire zone ipossiche → biofilm spessi, sabbia > 4 cm, reattori a zolfo o alcool controllato

Stabilizzare PO₄³⁻

Coltivare PAO (favorire fluttuazioni O₂/C nel reattore), macroalghe, inserire supporti ferro-manganesici, evitare eccessi di fonti di carbonio che inibiscono i PSB

Prevenire H₂S

Moderare spessore DSB o gestire con SSB, introdurre PPB fotici, assicurare ricircolo lento ma costante all’interno dei substrati

Evitare bloom batterico

Dosaggio graduale di carbonio, skimmer efficiente, luce UV solo come misura di contenimento puntuale

 






Capitolo 5

Zone ipossiche e microbiologia del substrato


1. L’importanza delle zone ipossiche e microaerofile

In un acquario reef maturo oltre il 90 % della trasformazione dei nutrienti avviene all’interno dei substrati – sabbie, rocce vive, materiali porosi, biopellicole tecniche – dove l’ossigeno cala rapidamente e si instaurano redox < +50 mV. 



Queste micro-nicchie ipossiche non sono un difetto di gestione: sono l’unico luogo in cui possono chiudersi i cicli biochimici avviati nelle porzioni aerate (vedi Cap. 4).
La sfida è controllarne spessore, porosità e ricambio in modo da favorire processi utili (denitrificazione, anammox, immobilizzazione del fosforo) ed evitare accumuli di metaboliti tossici (NO₂⁻, H₂S).


 2.  Stratigrafia fine del substrato


Piccola specifica: Il Diffusive Boundary Layer (DBL)
Tra acqua libera e sabbia esiste uno strato di 200–500 µm in cui la diffusione domina sul flusso advettivo. 

Qui l’ossigeno scende da ~5,8 mg L⁻¹ (colonna d’acqua satura, 25 °C, 35 ‰) a < 0,2 mg L⁻¹ già a 1 mm di profondità.


Si, come vi avevo accennato qualche anno fa, so bene che è un affermazione difficile da digerire per un appassionato di vecchia data.


Sequenza redox verticale


Profondità tipica substrati

O₂ (mg L⁻¹) / Redox (mV)

Processi dominanti

Tempo di ritenzione ideale*

0–2 mm

5,8 → 1,6 / +350 → +150

Nitrificazione, ossidaz. Fe²⁺

secondi–minuti

2–10 mm

1,6 → 0,2 / +150 → + 50

Denitrificazione parziale, PAO

minuti–ore

10–50 mm

< 0,2 / + 50 → – 50

Denitrificazione completa, anammox

6–12 h

> 50 mm

~0 / < – 50

Rid. solfati → H₂S, fermentazione

> 12 h


*Tempo necessario affinché l’acqua interstiziale compia un ciclo completo nelle rispettive zone.


 
3.  Comunità microbiche caratteristiche

Gilda funzionale

Genere/i chiave

O₂ ottimale (mg L⁻¹ ≈ ppm)

Altre condizioni chiave

Prodotti / servizi ecosistemici

NOB profondi

Nitrospira clade IV

0,16 – 0,48 mg L⁻¹ 

pH ≈ 8

Consumo NO₂⁻ in DBL

Denitrificanti

Paracoccus, Ruegeria

< 0,32 mg L⁻¹ 

Rapporto C-org/N ≥ 3

NO₃⁻ → N₂, uptake simultaneo di PO₄³⁻

Anammox

Ca. Scalindua, Brocadia

~ 0 mg L⁻¹ anossia

Redox ≈ 0 mV, NO₂⁻ > 0,5 mg L⁻¹

NH₄⁺ + NO₂⁻ → N₂, nessun C richiesto

PAO profondi

Ca. Accumulibacter

Oscillazione 0,3 → 0 mg L⁻¹

Alternanza O₂/anossia, C-labile basso

Storage polifosfato

PPB marginali

Rhodopseudomonas, Rhodobacter

< 0,64 mg L⁻¹ 

Luce 5–20 µmol phot m⁻² s⁻¹

Detox H₂S, sintesi vit. B₁₂

Solfato-riduttori

Desulfovibrio, Desulfobulbus

~ 0 mg L⁻¹

Redox < –50 mV, SO₄²⁻ ≈ 28 g L⁻¹

Producono H₂S + CO₂

Fe/Mn ossidanti

Leptothrix, Gallionella

0,2 – 1,0 mg L⁻¹ (micro-ossico)

Fe²⁺/Mn²⁺ > 0,1 mg L⁻¹

Precipitano ossidi adsorbenti PO₄³⁻

 



 
4.  Bioturbazione: macrofauna al lavoro

  • Organismi bentonici e/o scavatori (es. Amblygobius, Archaster, …) creano gallerie e avvallamenti, ossigenando gli strati intermedi e spostando fino al 25 % del sedimento/giorno.

  • Vermi detritivori rimescolano il particolato fine, permettendo un flusso di ossigeno e nutrienti all’interno dei substrati e riducendo la creazione di sacche sulfidiche.

  • Molluschi e fossori raschiano biofilm superficiali e rimescolano i primi strati superficiali, mantenendo la permeabilità della sabbia.


Vasche SPS minimaliste prive di macrofauna scavatrice mostrano in media, NO₂⁻-NO₃⁻ +30 % e H₂S +60 % nei primi 6 mesi rispetto a vasche con popolazioni bentoniche miste (studio interno UNIMIB 2023, n = 12).


Per chi volesse approfondire, vi invitiamo a visionare i nostri articoli su benthos e microfauna.

Capitolo Primo - La vita segreta del reef: i ruoli di benthos e zooplancton.

Capitolo Secondo - La vita segreta del reef: i ruoli di benthos e zooplancton


 
5.  Strumenti di ingegneria dei substrati e gestioni

Sistema

Principio

Vantaggi

Criticità

DSB (Deep Sand Bed)

10–15 cm sabbia 0.8 mm

Forte denitrificazione, tamponi PO₄³⁻

Rischio compattazione, accumuli tossici, rilascio H₂S se disturbato

SSB (Shallow sand bed)

3-5 cm sabbia 0.4-1.2 mm

Denitrificazione moderata, maggiore stabilità, facilità di gestione

Ridotta profondità per organismi fossori, ridotta denitrificazione rispetto ai DSB

Reattore litomorfo

Rocce macro-porose/biomedia specifici alimentati a flusso lento

Anammox + denitrificazione controllati

Intasamento col biofilm, monitoraggio portata, prefiltraggio obbligatorio

Reattore a zolfo

Zolfo elementale come donatore di elettroni

NO₃⁻ → N₂ senza carbon-dosing

Acidifica effluente, necessita stadio CaCO₃ post, tecnologia poco adatta ad acquari domestici


 



Capitolo 6

Specie batteriche comuni e loro habitat preferenziali


Dopo aver esaminato le funzioni ecologiche e i cicli degli elementi mediati dai batteri, è fondamentale identificare le specie più rilevanti negli acquari marini e nei reef naturali, non solo per riconoscerle, ma per comprendere dove vivono, come agiscono e cosa favorisce la loro crescita.
 

1. Schede descrittive delle specie batteriche più comuni

Di seguito un piccolo scorcio (assolutamente non esaustivo!) delle principali specie e generi batterici comunemente riscontrati in acquari marini di barriera, selezionati per funzione ecologica e rilevanza.
La reale varietà di specie presenti negli ecosistemi naturali è immensamente superiore a quella qui semplificata.

Specie / Genere

Funzione principale

Tipo metabolico

Note

Nitrosomonas marina

Nitrificazione (NH₃ → NO₂⁻)

Autotrofo

Lenta crescita; altamente specializzato

Nitrobacter winogradskyi

Nitrificazione (NO₂⁻ → NO₃⁻)

Autotrofo

Comune nei biofiltri

Nitrospira marina

Comammox (NH₃ → NO₃⁻)

Autotrofo

Svolge entrambe le fasi della nitrificazione

Paracoccus denitrificans

Denitrificazione

Eterotrofo

Anaerobico facoltativo, presente nei fondali sabbiosi

Pseudomonas stutzeri

Denitrificazione, PSB

Eterotrofo

Molto adattabile; degrada composti complessi

Bacillus subtilis

Decomposizione, probiotico

Eterotrofo

Forma spore, attivo nei biofilm

Rhodobacter sphaeroides

Fotoeterotrofo, probiotico, B12

Mixotrofo

Utile in zone fotiche ipossiche

Rhodopseudomonas palustris

Fotoeterotrofo

Mixotrofo

Alta capacità di degradare DOM

Candidatus Accumulibacter

PAO, accumulo di PO₄³⁻

Eterotrofo

Coinvolto nel ciclo del fosforo

Pelagibacter ubique

Riciclaggio DOC, probiotico

Oligotrofo

Dominante in oceano aperto; quasi assente in acquario

 


La stragrande maggioranza di queste specie non agisce mai in isolamento, ma all’interno di consorzi microbici strutturati, spesso organizzati in biofilm multispecie.


2. Habitat preferenziali e nicchie ecologiche

Ogni specie o gruppo batterico ha esigenze ambientali specifiche che ne determinano la localizzazione nell’acquario:


Microhabitat

Specie dominanti

Caratteristiche ambientali

Rocce vive e superfici porose

Nitrosomonas, Nitrospira, Bacillus, Roseobacter

Flusso moderato, buona ossigenazione, supporto per biofilm

Colonna d’acqua

Pelagibacteraceae, Vibrio, Alteromonas, Flavobacterium

Alta esposizione, DOC disponibile, flusso costante

Letto sabbioso (zona aerobica)

Rhodobacter, Rhodopseudomonas, Bacillus, Shewanella

Presenza di luce, O₂ moderato, DOM accumulata

Letto sabbioso (zona ipossica)

Paracoccus, Desulfovibrio, PAO, Denitrificanti vari

Basso O₂, ambiente riducente, NO₃⁻ e SO₄²⁻ disponibili

Muco corallino

Endozoicomonas, Ruegeria, Alteromonas, Bacillus, Rhodobacteraceae

Simbiosi ospite-specifica, condizioni altamente selettive

Biofilm tecnici (tubi, filtri)

Pseudomonas, Comamonas, Acinetobacter

Acqua ricca di nutrienti, continui gradienti fisico-chimici

 



Ricordiamo che queste distribuzioni sono estremamente dinamiche e rispondono sempre a cambiamenti nella nutrizione, chimica dell’acqua, luce, idrodinamica e gestione tecnica.
 
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Capitolo 7

Il microbioma corallino

Negli acquari di barriera, generalmente in una vasca matura, gran parte della biomassa è costituita da invertebrati sessili e in particolare dai coralli.

Questi organismi non sono entità isolate, ma veri e propri metaorganismi: associazioni complesse tra l’animale ospite, i suoi simbionti fotosintetici (Symbiodiniaceae), e una rete di batteri, archea, virus e protisti che formano il microbioma corallino.
Questo complesso di specie intrinsecamente legate, viene definito Olobionte.


Il ruolo dei batteri associati agli invertebrati sessili è tanto fondamentale quanto ancora parzialmente inesplorato, ma negli ultimi anni le tecniche di metagenomica e coltura selettiva stanno gettando nuova luce su queste interazioni.
 


1. Il microbioma del muco corallino

  • Il tessuto dei coralli è costantemente ricoperto da uno strato di muco costituito da glicoproteine, polisaccaridi e lipidi. 
Questo:

  • agisce come barriera fisica e chimica contro patogeni e particolato;

  • è colonizzato da comunità batteriche specifiche, che variano tra le specie di coralli e tra gli individui;

  • funge da nicchia di interazione tra corallo, simbionti algali e microbi.

Le comunità batteriche del muco sono relativamente stabili in condizioni sane, ma sensibili allo stress termico, alla variazione dei nutrienti e alla qualità dell’acqua. 

Quando si verifica una disbiosi (alterazione dell’equilibrio microbico), si apre la strada a patologie come RTN (Rapid Tissue Necrosis) o STN (Slow Tissue Necrosis).



Tra i generi comunemente rilevati nel muco corallino:

  • Endozoicomonas – simbionte altamente rappresentato in coralli sani

  • Ruegeria, Alteromonas – coinvolti nella competizione microbica

  • Pseudovibrio, Vibrio – può essere opportunista o patogeno in contesti alterati

La specificità di genere è notevole, giusto un esempio al volo: Acropora ospita in media 50–60 % Endozoicomonas, mentre Pocillopora presenta comunità più varie con abbondanza di Ruegeria.




2. Funzioni microbiche nei coralli


I batteri associati al muco e al tessuto corallino svolgono funzioni protettive, metaboliche e regolatorie:

  • Produzione di antibiotici naturali (es. acido tropodithietico, prodotto da Ruegeria, …), utili ad esempio contro Vibrio spp.

  • Sintesi di vitamine essenziali (B₁₂, biotina), richieste sia dal corallo che dalle Symbiodiniaceae

  • Degradazione del muco e riciclo del carbonio: batteri come Flavobacterium (…) riciclano il DOM prodotto dal corallo stesso

  • Modulazione del sistema immunitario innato tramite MAMPs: i MAMPs sono un “linguaggio molecolare” tra microbi e ospite, che consente al corallo di attivare il sistema immunitario, tollerare batteri simbionti e stabilire una relazione microbioma-ospite equilibrata

 

Funzione

Batteri protagonisti

Meccanismo

Antimicrobica

Ruegeria, Pseudoalteromonas

Antibiotici naturali (TDA, bromopirolidi, …) inibiscono Vibrio spp.

Vitamine & co-fattori

Endozoicomonas, Flavobacterium

Sintesi di B₁₂, biotina, tiamina indispensabili a polipo & alghe

Riciclo DOM

Alteromonas, Marinobacter

Degradano mucopolisaccaridi → zuccheri semplici ri-assorbiti dal corallo

Azoto ridotto

Diazotrofi (Azospirillum, Vibrio diazotrophicus)

Fissano N₂ → NH₄⁺ a beneficio delle Symbiodiniaceae

Detox ROS

Rhodobacter, Shewanella

Enzimi catalasi/SOD riducono stress ossidativo da alta radiazione



3. Disbiosi, stress e patologie

In condizioni di stress (aumento della temperatura, accumulo di nutrienti, esposizione a metalli pesanti o UV), il microbioma corallino:

  • perde diversità funzionale;

  • vede una crescita di batteri opportunisti, spesso patogeni latenti;

  • può innescare la necrosi tissutale (RTN/STN), a volte in sinergia con virulenza batterica e apoptosi cellulare.



 

Scatenanti comuni:

· Trigger

· Effetto microbiologico

· Picchi NO₃⁻/PO₄³⁻

· dominanza Vibrio, calo Endozoicomonas

· Stress termico (+2 °C/48 h)

· sovra-crescita Alteromonas opportuniste

· Radiazione UV mal filtrata, farmaci e biocidi

· perdita di Pelagibacteraceae, aumento ROS

 


 
Molti episodi di RTN in acquario sono associati a condizioni di squilibrio microbico, più che a patogeni specifici. L’assenza o la forte riduzione di batteri “chiave” come Pelagibacteraceae o Endozoicomonas è stata documentata in coralli colpiti.


4. Prospettive: probiotici e manipolazione del microbioma

Da queste nuove conoscenze deriva un nuovo approccio alla gestione della salute corallina: la modulazione del microbioma tramite probiotici specifici.

Questo approccio è noto come BMC – Beneficial Microorganisms for Corals, un concetto mutuato dalla medicina umana e dalla zootecnia.

Le potenziali applicazioni comprendono:

  • bagni batterici preventivi o terapeutici (es. dopo RTN o manipolazioni invasive)

  • inoculo diretto nel sistema tramite ceppi selezionati (es. Ruegeria, Bacillus, Pseudoalteromonas)

  • utilizzo combinato di prebiotici, come oligosaccaridi e altri composti affini, per favorire batteri benefici già presenti
    Studi in corso (es. Peixoto et al., 2022) stanno verificando l’efficacia di consorzi probiotici nel:

  • accelerare la rigenerazione tissutale,

  • prevenire la colonizzazione patogena,

  • migliorare la risposta allo stress termico.

Sebbene ancora in fase sperimentale, alcuni produttori stanno già sviluppando formulazioni liquide o incapsulate contenenti ceppi specifici per il supporto immunitario dei coralli.
 
 



Capitolo 8

Manipolazione del microbioma in acquario

La gestione consapevole del microbioma in un acquario marino non si limita quindi a lasciare che “i batteri facciano il loro lavoro”: oggi è possibile, e in molti casi consigliabile, intervenire attivamente per indirizzare la composizione, la funzionalità e la stabilità delle comunità microbiche.

Cercheremo ora di spiegare in maniera semplificata, i metodi e le logiche utilizzabili per manipolare in modo mirato il microbioma di un acquario di barriera.
 


1. Inoculo di miscele batteriche specifiche: capacità e limiti

L’utilizzo di prodotti contenenti consorzi batterici vivi (in sospensione liquida, liofilizzati o incapsulati) è una pratica comune in acquariologia.
Tuttavia, l’efficacia reale di questi inoculi dipende da diversi fattori:

  • Sopravvivenza e vitalità: molti ceppi non sopravvivono al confezionamento o alla fase di stockaggio, se non correttamente condizionati e refrigerati.

  • Competizione ecologica: i ceppi introdotti devono poter competere o integrarsi nel microbioma esistente. In ambienti già maturi, questo è spesso difficile senza supporti nutritivi mirati.

  • Compatibilità ambientale: temperatura, salinità, disponibilità di substrato e nutrienti devono essere idonei alla crescita delle specie inoculate.
    Un inoculo batterico ha maggiori probabilità di successo quando:

  • viene ripetuto nel tempo (effetto cumulativo)

  • è accompagnato da prebiotici (oligosaccaridi, fonti di carbonio, etc.)

  • è indirizzato verso uno scopo funzionale chiaro (es. denitrificazione, anti-RTN, digestione organica).


 2. Uso di fonti di carbonio (carbon dosing)

Una delle forme più diffuse di manipolazione microbica è l’aggiunta di fonti di carbonio labili per stimolare la crescita dei batteri eterotrofi.
In questo caso lo scopo principale è quasi esclusivamente la riduzione rapida di NO₃⁻ e PO₄³⁻.



Si immette nell’acqua una piccola quantità di carbonio facilmente biodegradabile (etanolo, acetato, o miscele come NOPOX o la classica ricetta VSV).



Il processo è semplice: fornendo un “carburante” rapido ai batteri eterotrofi caratterizzati da un metabolismo assimilativo, si spinge la loro crescita e di conseguenza l’assimilazione di nitrati e fosfati in nuova biomassa. 


Questa biomassa viene quindi rimossa dallo schiumatoio e i nutrienti lasciano il sistema sotto forma di flocculi batterici schiumati.


Il metodo è economico, relativamente facile da gestire e, se dosato con criterio, molto efficace nel riportare NO₃⁻ e PO₄³⁻ a livelli accettabili.

Proprio la sua semplicità, però, nasconde alcune insidie.



Un dosaggio eccessivo o troppo rapido può innescare una fioritura batterica (con tutte le conseguenze del caso) e l’improvvisa abbondanza di substrati organici aspecifici può favorire ceppi opportunisti poco desiderabili e alterare il delicato equilibrio del microbioma che vive nel muco corallino.

La somministrazione va sempre iniziata a dosi minime e controllate, con monitoraggio regolare dei nutrienti e degli animali.
 

3. Approcci combinati: batteri + enzimi + prebiotici


Prodotti più evoluti includono oggi formulazioni multifattoriali, che combinano:

  • ceppi batterici selezionati

  • enzimi digestivi (es. proteasi, amilasi, lipasi) per accelerare la degradazione del particolato organico

  • oligosaccaridi prebiotici (es. inulina, FOS, GOS, etc.) per nutrire selettivamente e in maniera specifica i ceppi desiderati


Queste formulazioni multifattoriali agiscono in sinergia: gli enzimi rendono disponibili substrati semplici, i prebiotici favoriscono lo sviluppo dei batteri benefici, e i ceppi inoculati colonizzano più efficacemente.


È un approccio più evoluto e ispirato alla microbiologia funzionale, con logiche analoghe a quelle usate in zootecnia, agricoltura e medicina umana.


 
4. Monitoraggio e gestione del microbioma

Manipolare il microbioma non significa agire alla cieca: un acquariofilo esperto può imparare a interpretare i segnali indiretti del sistema, osservando:

  • trasparenza e odore dell’acqua

  • residui organici visibili

  • comportamento degli animali

  • colore e crescita di alghe e coralli

  • risposta alla somministrazione di carbonio o probiotici

In ambito professionale, esistono anche tecniche di monitoraggio molecolare (eDNA, qPCR, metagenomica) che consentono di identificare variazioni nel microbioma prima ancora che si manifestino problemi visibili.

Fortunatamente alcune aziende del settore cominciano appena a proporre queto genere di analisi, purtroppo al momento attuale ancora abbastanza costose.
 

Capitolo 9

Formulazioni commerciali: produzione, qualità, contenuto

Il crescente interesse per la gestione del microbioma in acquari marini ha spinto lo sviluppo di formulazioni commerciali batteriche, oggi disponibili in molteplici forme e orientate a scopi diversi: riduzione dei nutrienti, prevenzione di patologie, supporto alla digestione, maturazione del sistema.


Ma come sono prodotti questi batteri? 
Qual è la loro reale efficacia? 
E soprattutto: come può l’appassionato valutarne qualità, contenuti e sicurezza?



 

1. Coltura, selezione e stabilizzazione

I batteri destinati a formulazioni commerciali provengono da due fonti principali:

  • ceppi isolati da ambienti marini naturali (es. reef, sabbie, fanghi costieri)

  • collezioni microbiche certificate (es. ATCC, DSMZ)

    Una volta selezionati, i ceppi vengono:

  • coltivati in condizioni controllate (media nutritivi, pH, temperatura)

  • analizzati per purezza, vitalità e caratteristiche biochimiche

  • stabilizzati per la conservazione (liofilizzazione, incapsulamento, sospensione in supporti liquidi con sali osmotici o gel)

Alcuni produttori utilizzano ceppi in co-coltura, cioè cresciuti assieme per stimolare interazioni sinergiche o mimare comunità naturali.

 2. Forme commerciali disponibili

Le principali forme di batteri in commercio sono:

 

Forma

Vantaggi

Limiti

Liofilizzata

Lunga conservazione, titoli noti, attivazione rapida

Sensibile all’umidità, minor vitalità se mal conservata

Liquida

Ceppi vivi, pronti all’uso

Vita breve, necessaria catena del freddo o additivi stabilizzanti

Incapsulata

Protezione meccanica, rilascio controllato

Costo più alto, difficoltà nell’omogeneità di dosaggio

Gel o substrati colonizzati

Biofilm pronti, efficaci in maturazione substrati

Poco standardizzabili, efficacia variabile

 



Le etichette non riportano quasi mai il numero di CFU (colony forming units), e molto raramente indicano le specie esatte. 



Questa penuria di informazioni rende però difficile confrontare i prodotti e valutarne la compatibilità con il proprio sistema.
 

3. Rischi di formulazioni non controllate

  • Ceppi non adattati all’acqua marina possono alterare l’equilibrio esistente o semplicemente non attecchire.
  • In assenza di informazioni sulle specie, si rischia di introdurre ceppi opportunisti o interferenti con il microbioma del muco corallino.
  • Numerosi ceppi presenti attualmente in commercio, sono stati sviluppati per la gestione delle acque reflue industriali e non sono adattati all’impiego in acquari di barriera

    In sintesi: la qualità di una miscela batterica non si misura dal numero di specie dichiarate e dai claims, ma dalla ricerca che stà alla base della sua formulazione, dal bilanciamento tra le diverse specie e dall’adattabilità all’ambiente bersaglio.



4. Perché le etichette generalmente non riportano specie e CFU (e perché può essere comprensibile!)


Molti appassionati si chiedono perché, a differenza dei probiotici destinati all’uso umano o zootecnico, i flaconi dei batteri per acquario non indichino la lista completa delle specie né la carica vitale in CFU per millilitro.


Le ragioni sono essenzialmente quattro, tutte legate allo stadio ancora “immaturo” e poco regolamentato del settore: non esiste ancora un framework normativo o certificativo specifico per i prodotti batterici in acquacoltura ornamentale.

  1. Protezione della proprietà intellettuale
    Le imprese investono tempo e risorse per isolare ceppi marini che tollerano 35 ‰ di salinità, pH 8 – 8,3, alta pressione osmotica e, magari, producono metaboliti utili. Pubblicare la composizione dettagliata faciliterebbe il “reverse engineering”: un concorrente potrebbe facilmente replicare la miscela in laboratorio in poche settimane, aggirando anni di Ricerca e sviluppo.

  2. Miscele dinamiche e co‐colture

    Alcuni prodotti non contengono singoli ceppi purificati, ma comunità stabili in co‐coltura (biofilm multistrato, biofloc batterici) che cambiano leggermente durante la fermentazione. 
In questi casi la conta classica su piastra sottostima i batteri aderenti o quelli non coltivabili su terreni standard; 
Dichiarare un numero “fisso” di CFU sarebbe poco realistico e scientificamente poco indicativo.

  3. Assenza di un quadro normativo specifico

    Per gli integratori zootecnici esistono linee guida FAO/WHO e legislazioni (es. Reg. EU 2015/327). 
Nel settore ornamentale marino non c’è ancora un ente che imponga standard minimi di etichettatura; le aziende si muovono in un’area grigia dove la trasparenza è auspicabile, ma non obbligatoria. 
Finché il comparto non sarà inquadrato e maturo, la variabilità resterà elevata.

  4. Mercato giovane, esigenze diverse
    L’acquariofilia di barriera “moderna” ha appena vent’anni di storia; molte formulazioni sono in costante revisione. 
Dichiarare un titolo CFU oggi e cambiarlo a ogni lotto confonderebbe l’utente. 
Alcuni produttori preferiscono comunicare l’efficacia funzionale (“riduce nitrati in X giorni”, “inibisce Vibrio”, etc.) invece dei dettagli tassonomici, che risulterebbero poco interpretabili per un appassionato.


    In prospettiva – Con la diffusione del sequenziamento 16S low-cost e la crescita del mercato, è probabile che entro pochi anni compariranno linee guida simili a quelle dei probiotici veterinari.



    Quando ciò accadrà, indicare almeno i principali generi dominanti e un range minimo di vitalità diventerà la norma; 


    Oggi, però, l’acquariofilo deve far valere altre evidenze (recensioni, reputazione del marchio, risultati di terze parti) per scegliere consapevolmente.

5. Verso una microbiologia “di precisione” in acquario

Il futuro delle formulazioni batteriche è nella personalizzazione funzionale:

  • consorzi batterici su misura per tipi di acquario (SPS, LPS, FO)

  • supporti ingegnerizzati (zeoliti, ceramiche, gel) per modulare il rilascio e la localizzazione

  • analisi del microbioma via eDNA e analisi metagenomica per scegliere i ceppi più adatti a ogni ecosistema


In questa direzione si muovono già le linee più avanzate di ricerca, alcune delle quali coinvolgono anche startup biotech e progetti collaborativi con università oceanografiche.
 





 

Capitolo 10

Sfide aperte e prospettive

Sebbene, come abbiamo potuto osservare, negli ultimi anni la microbiologia applicata agli acquari marini abbia compiuto enormi progressi, restano aperte numerose sfide tecniche, teoriche e operative. 


Negli ultimi anni la microbiologia applicata all’acquariofilia marina è uscita da una fase descrittiva per entrare in una dimensione funzionale e ingegneristica.



L’interesse crescente verso la manipolazione del microbioma in chiave preventiva, terapeutica e funzionale impone un approccio sempre più preciso, integrato e documentato.



Questo ultimo capitolo raccoglie le principali questioni non ancora risolte, i limiti attuali delle conoscenze e le direzioni future di sviluppo.
 


1. Conoscenze frammentarie e mancanza di standardizzazione


Gran parte delle informazioni disponibili sull’efficacia dei batteri in acquario proviene da esperienza empirica o dati forniti dai produttori, spesso senza pubblicazione scientifica peer-reviewed.


I test molecolari nei sistemi domestici (metagenomica, eDNA) sono ancora inaccessibili per la maggior parte degli utenti, per ragioni di costo, logistica e interpretazione.

Non esiste un protocollo standard condiviso per la valutazione della colonizzazione, dell'efficacia o della funzionalità delle formulazioni batteriche.



La sfida stà nello sviluppare metodologie accessibili e affidabili per mappare e monitorare il microbioma in acquario, anche in assenza di strumenti da laboratorio.



 

2. Dinamiche ecologiche complesse e poco prevedibili

L’introduzione di ceppi esogeni in un microbioma stabilizzato può produrre effetti controintuitivi: alcune specie scompaiono, altre proliferano, oppure non accade nulla di misurabile.


Le interazioni tra batteri benefici, simbionti e opportunisti sono complesse, altamente condizionate dai parametri ambientali e dai flussi trofici.



L’effetto di strumenti tecnici come ozono, UV, skimmer, molecole chimiche e biocidi sul microbioma è reale, ma difficile da quantificare.


In questo caso la ricerca si indirizza sul comprendere le condizioni che favoriscono l’attecchimento e la persistenza dei batteri introdotti, e sviluppare criteri per la loro selezione caso per caso.

 
3. Prevenzione e gestione di RTN/STN

Abbiamo visto che la disbiosi del muco corallino è uno dei principali fattori scatenanti delle necrosi tissutali nei coralli duri (SPS), ma non esistono trattamenti microbiologici standardizzati.


La perdita di biodiversità microbica o di taxa chiave (es. Endozoicomonas, Ruegeria) può precedere l’evento clinico, ma i segnali sono ancora difficili da interpretare in modo operativo.


I bagni batterici o i trapianti di microbiomi (“microbiota transfer”) sono promettenti, ma necessitano di validazione sperimentale più ampia.


Oggi ci si concentra a sviluppare protocolli probiotici preventivi e d’urgenza efficaci, calibrati sulla fisiologia dei coralli e testati su base multi-specifica.
 

4. Verso una gestione adattiva e basata su dati

La gestione microbiologica dei sistemi di barriera deve passare da un modello “una soluzione per tutti” a un modello adattivo, fondato su:

  • caratteristiche del sistema (gestione, bioload, flussi, tipologia di coralli);

  • obiettivi funzionali (nutrienti, prevenzione, recupero, lotta alle patologie);

  • dati empirici rilevati nel tempo (trend NO₃⁻, PO₄³⁻, risposta dei coralli, trasparenza, odori…).

Le tecnologie emergenti (es. sensori biochimici, tester, controller, monitoraggio continuo) potranno un giorno trasformare l’acquario in un sistema parzialmente “autodiagnostico”.
 
Insomma per fare un piccolo recap:



L’intero articolo vuole spiegare come l’acquario marino non possa essere compreso – né gestito – ignorando il ruolo del microbioma, che:

  • regola i cicli di azoto, fosforo, carbonio e zolfo;

  • compete con i patogeni per lo spazio e i nutrienti;

  • produce vitamine, enzimi e metaboliti bioattivi;

  • modula il benessere del corallo e degli altri invertebrati.


Di conseguenza, il microbioma non è un semplice “sfondo biologico”, ma una leva gestionale che può essere utilizzata per ottenere i migliori risultati dal proprio sistema.



L’uso di inoculi batterici, fonti di carbonio, enzimi, oligosaccaridi e substrati ingegnerizzati ha aperto la strada alla manipolazione attiva del microbioma.


Tuttavia, come in ogni sistema complesso:

  • interventi non calibrati possono causare effetti indesiderati (es. bloom batterici, disbiosi);

  • formulazioni batteriche “riciclate” da altri settori possono alterare equilibri delicati;

  • la gestione deve essere mirata, graduale, e guidata da parametri chiari (nutrienti, risposta visiva, comportamento animale, etc.).

    I futuri sviluppi della disciplina puntano verso una microbiologia di precisione, con prodotti specifici per tipologia di vasca, e supporti diagnostici molecolari accessibili anche agli hobbisti evoluti.

    Nel prossimo futuro, il microbioma sarà sempre più utilizzato come bioindicatore della salute di un sistema appoggiandosi a precetti quali:

  • bassa diversità = bassa resilienza

  • perdita di taxa chiave = maggiore rischio di patologie

  • eccesso di DOM + fonti di carbonio= rischio di dominanza di eterotrofi opportunisti



Bona è stata lunga e abbastanza “tecnica” ma ce l’abbiamo fatta.

Spero di avervi chiarito un minimo le idee e di non avervi annoiato eccessivamente.


Stay tuned, stay salty e buon reefing a tutti.




PS: se non vi leggete TUTTA la bibliografia non mi parlate nemmeno che non vi rispondo ❤️



Vi voglio bene
! Ciao
 

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Titolo

Sede editoriale

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