Nitriti, metalli e biomedia: smontiamo la disinformazione.
Negli ultimi anni, complice la diffusione massiva dei social e il crescente desiderio di semplificare la gestione dell'acquario marino, sono tornate a circolare alcune vecchie leggende metropolitane, opportunamente riformulate per il pubblico attuale.
Una delle più pericolose è quella che attribuisce ai biomedia — spesso genericamente etichettati come "materiali porosi" — la responsabilità dell'accumulo di nitriti, del rilascio di metalli pesanti in vasca e in generale della loro inutilità o addirittura pericolosità.
Fermi tutti.
Queste sono blasfemie scientifiche intollerabili, assolutamente nocive per gli appassionati che dovessero crederci.
Affronteremo punto per punto, con il supporto di basi scientifiche, letteratura tecnica e decenni di applicazione pratica in svariati settori, le affermazioni scorrette che si stanno diffondendo, chiarendo il funzionamento dei substrati biologici, il ciclo dell'azoto e la reale origine dei presunti "problemi" collegati all'utilizzo di questi materiali.
Da dove vengono davvero i nitriti?
Cominciamo con una verità scomoda: se trovate nitriti in acquario, non è colpa dei materiali di supporto batterico, ma del fatto che il ciclo dell’azoto non sta funzionando correttamente.
Punto.
I nitriti (NO2-) non appaiono per magia, né vengono “rilasciati” dal nulla: sono il prodotto intermedio del metabolismo dei batteri nitrosanti, che convertono l’ammoniaca (NH3/NH4+) in nitrito.
In condizioni ottimali, questo nitrito viene immediatamente trasformato in nitrato (NO3-) dai batteri nitrificanti del secondo stadio.
Quando troviamo nitriti in vasca, significa che:
· il carico organico è troppo elevato rispetto alla capacità di ossidazione del sistema
· la superficie utile per la colonizzazione batterica è insufficiente
· la maturazione del filtro è incompleta o è stata turbata dall’utilizzo di prodotti chimici
· il biofilm batterico è stato rimosso o danneggiato
· il flusso d’acqua nel sistema e l’interscambio con la sump sono mal progettati (troppo lento o troppo veloce)
· le condizioni chimico-fisiche in sump (pH, salinità, temperatura, ossigeno) sono sfavorevoli alla crescita dei nitrificanti
Attribuire tutto questo ai “materiali porosi” è sbagliato e pericoloso: si distoglie l’attenzione dalle vere cause e si spinge l’acquariofilo a rimuovere proprio l’unico strumento che potrebbe aiutarlo a risolvere il problema.
Cosa succede davvero nei substrati batterici
Un biomedia non fa miracoli immediatamente, ma chi vi dice che fa danni sta’ semplicemente manipolando gli appassionati, facendo della pericolosa disinformazione.
I materiali ad alta superficie specifica vengono utilizzati da decenni in acquacoltura, trattamento delle acque, acquari pubblici e impianti industriali.
La loro funzione è semplice: fornire superficie accessibile e protetta per la colonizzazione microbica.
Quando si inserisce un biomedia in una zona della sump con flusso moderato e buona ossigenazione, i pori vengono colonizzati da batteri aerobici, in particolare da:
batteri nitrosanti (che ossidano NH3/NH4+ in NO2-)
batteri nitrificanti (che ossidano NO2- in NO3-)
Se il sistema è equilibrato, non si misurerà alcun nitrito.
Se invece i nitriti salgono, vuol dire che la fase 2 del ciclo è limitata, e in quel caso le ragioni possono essere molteplici ed estremamente varie.
Togliere i biomedia in questa fase, perché al dire di questi sedicenti esperti “rilasciano nitriti”, è un errore grave.
Al contrario, la soluzione è piuttosto:
· potenziare il filtraggio e correggere le carenze
· inserire nel filtraggio una componente algale se assente, potenziarla se presente
· migliorare l’ossigenazione del sistema
· mantenere calibrato e costante il flusso d’acqua e l’ossigenazione nei biomedia
· evitare pulizie aggressive o troppo frequenti dei media filtranti
· cercare di favorire l’insediamento dei biofilm batterici
· evitare l’uso di soluzioni facili e immediate basate su prodotti chimici
Il ciclo dell’azoto non è una formula magica (e nemmeno immediata)
Uno degli errori più comuni in acquariofilia è pensare al ciclo dell’azoto come a una formula immediata, istantanea e sempre lineare.
In realtà, ogni fase del ciclo richiede tempo, condizioni specifiche e soprattutto popolazioni microbiche mature e adattate all’ambiente.
Nessun filtro biologico inizia a funzionare appena acceso.
I batteri nitrificanti hanno tempi di replicazione relativamente lunghi rispetto ad altri microrganismi (in alcuni casi anche 12–24 ore), e necessitano di un substrato stabile, accesso a nutrienti e condizioni chimico-fisiche precise.
Se queste condizioni vengono alterate — anche solo temporaneamente — è possibile assistere a uno squilibrio temporaneo, durante il quale può comparire nitrito.
È una risposta del sistema a una perturbazione, non un difetto della tecnica impiegata per la loro riduzione biologica naturale o del materiale filtrante.
È importante distinguere tra:
· substrato colonizzabile (biomedia): fornisce la casa ai batteri
· condizione ambientale (flusso, ossigeno, temperatura, pH, salinità): determina quali batteri vi prosperano
· popolazione microbica attiva e ceppi specifici: il vero motore del processo
Non basta “mettere qualcosa in sump” per completare la nitrificazione.
Serve tempo, serve stabilità, serve costanza gestionale.
Inoltre, i batteri nitrificanti non sono tutti uguali: studi recenti hanno dimostrato che Nitrospira inopinata, ad esempio, può completare entrambe le fasi del ciclo (comammox), ma solo in condizioni particolari e che richiedono tecniche ancora non adottate dal nostro settore.
Altri batteri, invece, competono per l’ammoniaca o il nitrito, e il successo di uno o dell’altro dipende da parametri ambientali minimi, spesso trascurati.
Nel tempo, un acquario maturo tende a sviluppare una successione ecologica microbica stabile, in cui ogni nicchia (dalla superficie del vetro alla porosità più interna dei substrati) ospita un tipo specifico di comunità o consorzio batterico.
È proprio questa diversità, favorita dalla presenza di biomedia, rocce porose ed altri substrati di colonizzazione, a garantire la stabilità biologica del sistema.
In parole estremamente povere:
· Non esistono materiali che “fanno sparire i nitriti” per magia.
· Non esistono materiali che “creano nitriti” in autonomia
· I nitriti compaiono quando il sistema non riesce a metabolizzarli abbastanza in fretta
· Togliere i biomedia in risposta a ciò è come tagliare il filo dei freni dell’auto, perché frena male
Promuovere l’idea che i materiali porosi “generino” nitrito o che ne impediscano la rimozione significa ignorare volutamente decenni di letteratura scientifica sul biofilm, sulla nitrificazione e sulla gestione biologica in acquacoltura, per tentare di influenzare il mercato, con affermazioni scorrette, antiscientifiche e infondate.
Ecco una piccola tabella riassuntiva per permettervi di imprimere meglio questi concetti ed evitare di cadere in affermazioni fuorvianti.
|
Trasformazione (reazione) |
Specie / consorzi microbici marini più comuni |
Habitat tipico in vasca & requisiti metabolici |
0 |
Proteine → NH₄⁺ (mineralizzazione) |
Vibrio, Pseudoalteromonas, Bacillus spp. |
Bio-film su rocce e biopellet; pH 7,8-8,4; O₂ medio-alto |
1 |
NH₃/NH₄⁺ → NO₂⁻ (ossidazione ammonio) |
Ammonia-oxidizing Archaea (AOA): Nitrosopumilus maritimus • Ammonia-oxidizing Bacteria (AOB): Nitrosomonas marina, Nitrosococcus oceani |
Film batterico ben ossigenato su tecnica, biomedia, rocce, sabbia; salinità 34-36 ‰; temp. 24-27 °C |
2 |
NO₂⁻ → NO₃⁻ (ossidazione nitrito) |
Nitrospira marina, Nitrospina gracilis, Nitrococcus mobilis |
Stessi substrati / biomedia di fase 1; O₂ > 4 mg L⁻¹; Ca²⁺ & HCO₃⁻ sufficienti come “buffer” |
3a |
NO₃⁻ → NO₂⁻ → NO → N₂O → N₂ (denitrificazione classica) |
Paracoccus denitrificans, Pseudomonas stutzeri, Shewanella denitrificans |
Zone a O₂ < 0,5 mg L⁻¹: profondità sabbia fine >3 cm, pori roccia viva, biomedia, reattori a zolfo; C-org da vodka/acetato/biopellet |
3b |
NO₃⁻ → NH₄⁺ (DNRA) |
Vibrio splendidus, Sulfurimonas spp. |
Sabbia molto fine con materia organica elevata (anossico, redox < 0 mV) |
4 |
NH₄⁺ + NO₂⁻ → N₂ (ANaerobic AMMonium OXidation) |
Planctomycetes “anammox”: Candidatus Scalindua profunda |
Tasche anossiche in DSB vecchi/filtri zeolite poco lavati; richiede NO₂⁻ presente |
5 |
NO₃⁻ → assimilazione in biomassa algale |
Macroalghe (Chaetomorpha, Caulerpa), cianobatteri |
Refugium illuminato; PO₄:NO₃ ≈ 1:16 (Redfield) |
Come leggere la tabella
· Le fasi 1 + 2 sono aerobiche, quindi avvengono dove l’acqua è ben movimentata (rocce superficiali, spugne filtro, rotori plastici).
· Le fasi 3-4 richiedono poco o zero ossigeno; ecco perché servono letti di sabbia fine, reattori a zolfo o biopellet lenti.
· In un acquario di barriera gran parte dell’ammoniaca è ossidata da archei AOA (Nitrosopumilus), molto più abbondanti degli AOB a salinità piena.
· Le vie DNRA (3b) e anammox (4) sono minori ma spiegano perché talvolta compare ammonio inatteso in vasche mature e senza nitriti misurabili.
Il mito dei metalli nei biomedia
Una delle leggende più comuni è che i cosiddetti materiali filtranti “porosi” — in particolare quelli utilizzati come supporto biologico — rilascino metalli pesanti (alluminio, zinco, rame, bario) rilevabili tramite ICP-OES.
Questa affermazione infondata merita di essere smontata con metodo.
In primo luogo, bisogna distinguere tra:
· biomedia progettati per acquari (spesso a base di vetroporcellana, sinterizzati, ceramiche speciali o materiali polimerici)
· ceramiche industriali non destinate all’uso acquatico
Nel primo caso, i materiali sono specificamente ingegnerizzati per essere stabili e inerti in acqua marina.
Il fatto che contengano silice, allumina o eventuali altri ossidi non implica assolutamente rilascio, poiché questi composti sono strutturalmente legati in matrici vetrose o cristalline totalmente insolubili nei nostri sistemi.
Nel secondo caso, usare materiali non dichiarati, di origine ignota o derivanti da altri settori (edilizia, edilizia termica, bricolage), può effettivamente rappresentare un rischio.
Ma questo non riguarda i biomedia di qualità, bensì l’improvvisazione.
In realtà, tra le fonti di contaminazione da metalli, le più importanti e comuni sono:
· Cibi arricchiti con metalli traccia non chelati
· Sale marino solido di bassa qualità, con impurità metalliche o difetti nella miscelazione
· Integratori/medicazioni/prodotti “magici” che contengono rame o zinco
· Rocce sintetiche e naturali (secche), non trattate
· Fitoplancton coltivato con fertilizzanti inadeguati
· Impianti di osmosi inadatti o resine deionizzanti esauste
· Tubazioni o raccordi metallici a valle dell’osmosi
· Tubi plastici tecnici (es. risalita) in materiale inadeguato
· Tubi plastici colorati (es. da dosimetrica) in materiale inadeguato
· Resistenze, termostati, pompe e altri strumenti tecnici con guaina danneggiata
· Calamite con rivestimento danneggiato
· Fascette metalliche, cerniere e morsetti arrugginiti in sump
· Attrezzi (pinze, forbici, pinzette) non inox, arrugginiti
· Granuli “antifosfati” a base di ossido d’alluminio esausti e friabili
Tutte queste fonti di contaminazione (e purtroppo la lista non è esaustiva…) sono sufficienti da sole a causare un innalzamento (che sia rapido o progressivo) dei valori.
Volere attribuire tutto a “mattoncini e palline” senza escludere le cause primarie è fuorviante, tendenzioso e totalmente irresponsabile.
Smontiamo i falsi miti punto per punto
In questo capitolo riportiamo, una per una, le principali affermazioni fuorvianti diffuse online, con la relativa smentita tecnica e scientifica.
Perdonate il tono chiaro e diretto, ma non sopportiamo questa retorica populista e pseudoscientifica che non fa altro che compromettere la corretta gestione degli acquari di barriera e confonde gli appassionati, creando danni a tutto il settore.
❌ "I materiali porosi rilasciano nitriti"
Falso.
I nitriti sono il risultato di un processo biologico.
Nessun materiale inerte li "rilascia".
Se i nitriti aumentano, è perché la popolazione di batteri nitrificanti non è sufficiente a completare il ciclo.
La causa è nella gestione, non nel materiale.
❌ "I “mattoncini” e le “palline” contengono metalli pesanti che si rilasciano in acqua marina"
Fuorviante e fondamentalmente errato.
Anche ammesso che contengano ossidi metallici, la loro struttura è, nella stragrande maggioranza dei casi, vetrosa/cristallina e non solubile.
Se si rilevano metalli negli ICP, vanno prima esclusi componenti metallici in movimento, ossidazioni, contaminazioni da sale, mangimi, additivi, osmosi.
Il biomedia è l’ultima cosa da incolpare, non la prima.
Questa non vuole comunque essere una generalizzazione tendenziosa, ogni biomedia è a sé, sul mercato esistono infiniti prodotti, anche estremamente diversi.
Volere dare un giudizio unico valido per tutti, sarebbe approcciare la scienza ed il lavoro delle case madri produttrici, con arroganza e presunzione.
❌ "Da quando tutti usano biomedia, i problemi con i nitriti sono aumentati"
Grossa scorciatoia logica, totalmente non funzionale.
Correlazione non significa causalità.
Sono cambiate moltissime cose negli ultimi 30 anni, il fatto che due eventi casuali e indistinti si verifichino contemporaneamente, non implica assolutamente che uno causi l’altro.
Inoltre, crediamo sia necessario ribadirlo, i biomedia sono ampiamente usati in acquacoltura e depurazione industriale, da svariati decenni, e con ottimi risultati.
La trovo un’affermazione fondamentalmente arrogante, semplicistica e irrispettosa verso il lavoro di tutti quei ricercatori che continuano a portare innovazioni nel settore dell’ingegneria dei materiali.
❌ "I biomedia rallentano il ciclo dell’azoto in acqua marina perché sono nati per l’acqua dolce"
Falso.
I processi di nitrificazione sono identici in acqua dolce e marina, cambiano solo le specie batteriche predominanti.
I supporti inerti possono ospitare indifferentemente entrambe.
Ciò che conta sono il tempo di maturazione e le condizioni ambientali.
❌ "Le aziende non dichiarano la composizione dei materiali"
Generalizzazione.
Le aziende serie pubblicano specifiche tecniche, schede dettagliate e — dove necessario — anche analisi chimiche.
Se non ci si fida di una casa produttrice o di un prodotto, basta non acquistarlo.
Ma insinuare il dubbio generalizzato, è un evidente forma di disinformazione.
❌ "Basta togliere i materiali per far sparire i nitriti"
Ingannevole.
Questa è una tipica correlazione post hoc.
Togliere i biomedia può avere come effetto collaterale una riduzione temporanea dell’ossidazione (e quindi dell’apparente livello di nitrito, a discapito dell’aumento di ammonio), ma non è una soluzione.
È come spegnere un termometro per non vedere la febbre.